Le parole del Presidente FIVL Roberto Tagliani a proposito della sacralità e intangibilità della memoria partigiana in Mortirolo
Volentieri pubblichiamo il testo dell’intervento pronunciato dal Presidente Nazionale FIVL, Roberto Tagliani, nell’occasione della manifestazione “Fiamme Verdi in Mortirolo” di domenica 7 settembre 2025, dedicate alla sacralità e intangibilità del Mortirolo come Luogo della Memoria della Resistenza. L’Associazione “Fiamme Verdi” le fa proprie e le condivide con tutti i soci, amici e simpatizzanti anche in risposta a molte polemiche e proteste sollevate in occasione di eventi recenti.

Care amiche e cari amici,
prima di procedere alla deposizione della corona ai caduti partigiani, desidero esprimere, in qualità di Presidente Nazionale della Federazione Italiana Volontari della Libertà, la mia gratitudine a tutte e tutti per la partecipazione a questa manifestazione: prima di tutto all’on. Guerini, che l’ha resa così solenne, alle autorità che rappresentano le istituzioni democratiche nate dalla lotta di liberazione, al nostro cappellano don Tino, che ci ricorda ogni anno la dimensione trascendente di questa manifestazione, a tutte le persone che a vario titolo hanno lavorato all’organizzazione e alla buona riuscita di questo ottantesimo, a chi stamattina è salito con cuore sincero fin quassù per ricordare, ottant’anni dopo, i giorni di festa e di riconoscenza che i partigiani sopravvissuti alla tragedia della guerra vollero dedicare ai loro compagni di lotta “andati avanti”, come usano dire gli Alpini.
Una giornata che serve a ricordare e festeggiare insieme, vivi e morti, la libertà conquistata.
Quegli stessi partigiani, che pure avevano combattuto e sofferto soprattutto per mano dei fascisti repubblichini della Legione Tagliamento, consentirono che coloro che qui erano stati sconfitti dalla storia e dall’impegno di un intero popolo potessero ricordare, in spirito di cristiana pietas, i morti della loro parte. Perché – come recita la lapide sulla facciata dell’Albergo Alto – “su queste montagne / nido di Fiamme Verdi / arse la lotta / e trionfò il perdono”.
Il perdono, certamente: ma non l’oblio delle scelleratezze, delle violenze, delle atrocità. Il perdono, nello spirito che allora era necessario a vitale a sanare un’Italia lacerata, il perdono per ricominciare, ricostruire, rendere disponibile per tutti – anche per i carnefici – la libertà pagata a così caro prezzo.
La pietas per i morti non può e non dev’essere confusa con la giustificazione dei misfatti compiuti in vita, né può diventare l’occasione per generare occasioni e spazi d’incontro che, in spregio allo spirito della Costituzione antifascista nata dalla Resistenza, ottant’anni dopo tornano a inneggiare a Mussolini, all’ideologia fascista e al Ventennio, come da qualche anno accade proprio qui, su questa Montagna Sacra alla Resistenza, solo qualche chilometro più su.
A costoro, con tutta l’autorevolezza di cui sono portatore – non per la mia persona, ma per il ruolo che ricopro, che fu in passato, tra gli altri, di Raffaele Cadorna, di Enrico Mattei, di Paolo Emilio Taviani, di Ermes Gatti – voglio dire ad alta voce: non ci sono né ci saranno lapidi, pennoni di bandiera, recinti o statue di madonne che possano ingannarci, né farci dimenticare le responsabilità atroci che i fascisti della Tagliamento ebbero in queste contrade. Chi ha inteso – subdolamente – trasformare la pietas in apologia, rivalsa e provocazione, magari approfittando dell’insipienza, della dabbenaggine o – peggio – della complicità di chi, avendo giurato sulla Costituzione, dovrebbe invece preservare questi luoghi, non guadagnerà con l’inganno e il silenzio il diritto di cittadinanza su queste montagne, che sono il SANTUARIO DELLA LOTTA PER LA LIBERTÀ.
Non ci sono due storie parallele che si possono ricordare salendo in Mortirolo. La storia è una sola, che ha visto i Partigiani delle Fiamme Verdi difendere la dignità e conquistare la Libertà contro i nazisti e i fascisti della Tagliamento che volevano sopprimerla, soffocarla, annientarla. Per questo il Mortirolo È E SARÀ SEMPRE IL LUOGO DELLA MEMORIA DELLA RESISTENZA, senza lasciare spazio a narrazioni alternative che neghino la storia di ciò che qui è accaduto.
“Presto verremo giù, e vedrai che uomini giusti saremo”, scriveva Poldo alla mamma pochi giorni prima di essere ucciso: essere donne e uomini “giusti” in questo ottantesimo significa non prestare il fianco ai revisionismi nostalgici; significa stare dalla parte della verità storica, dei fatti accaduti, del ricordo grato di chi qui è morto perché noi fossimo liberi, non di chi qui è morto perché continuassimo a essere schiavi di una dittatura assassina e asservita a Hitler.
“Meditate che questo è stato: / vi comando queste parole”ci intima Primo Levi dalla sua poesia Shemà che apre le pagine terribili di Se questo è un uomo. Ebbene, noi meditiamo, noi ricordiamo, noi celebriamo, noi difendiamo quella memoria. Il Mortirolo è la patria della Resistenza. Chi, a ottant’anni dalla Liberazione, vuole dirsi ancora fascista, qui non trova né può trovare casa.