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“Fiamme Verdi in Mortirolo” 2025 – intervento dell’on. Guerini


Testo del discorso ufficiale dell’on. Lorenzo Guerini, Presidente del COPASIR, pronunciato in Mortirolo nell’occasione dell’80° Anniversario della Liberazione e immagini della manifestazione

Si è svolta oggi, 7 settembre 2025, la cerimonia “Fiamme Verdi in Mortirolo”, per celebrare la memoria delle battaglie campali svoltesi tra febbraio e maggio 1945 sulle montagne camune, teatro di scontri durissimi e di eroici sacrifici di molte giovani vite.

Cornice consueta è stato il grande prato antistante la chiesetta di San Giacomo in Mortirolo che ha accolto istituzioni, associazioni e cittadini per ricordare con gratitudine il sacrificio dei partigiani in occasione dell’80° Anniversario della Liberazione.

A rendere particolarmente solenne l’evento è stata la presenza, in qualità di oratore ufficiale, dell’on. Lorenzo Guerini, già ministro della Difesa e attuale Presidente del COPASIR (Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica).

Pubblichiamo di seguito il tuo intervento:

Fiamme Verdi della divisione «Tito Speri»!
La guerra è finita, e con essa è finito il nostro compito attuale. Dobbiamo smobilitare.
Ci eravamo uniti per scacciare i tedeschi e liberare l’Italia dal giogo fascista.
La vittoria ci ha arriso splendida, completa. […] Lo sguardo al passato, breve ma pieno di vicende, ci ricorda sacrifici e dolori, speranze e vittorie, trepidazioni e trionfi.
Noi possiamo essere fieri di ciò che abbiamo compiuto; abbiamo dato alla causa della Libertà il sangue più generoso, gli stenti, la fame, il freddo, le lacrime dei nostri parenti perseguitati, il rischio della nostra vita.
La bandiera della «Tito Speri» può sventolare con onore tra i nostri monti,  perché voi l’avete intessuta di eroismi oscuri e ornata di ardimenti e di bravura.
Ora dobbiamo scioglierci. Questo è l’ultimo saluto del vostro Comandante. […] Il vostro Comandante non dimenticherà mai ciò che avete fatto e, invitandovi a consegnare le armi e a ritornare alle vostre case, ricorda il primo incontro, le visite negli accampamenti, le ansie con le quali vi ha sempre accompagnato, le sofferenze e le gioie con le quali ha intessuto con Voi la sua vita di Ribelle.
Fiamme Verdi, in alto i gagliardetti, in alto la bandiera! Date le vostre armi, per l’Italia e per la Libertà. Conservate l’arma più tagliente e più efficace: il vostro spirito onesto e fiero, pronto a tutte le battaglie per ogni causa santa.
Le Fiamme Verdi, così, lasciate le armi tornano alla vita civile e democratica della nuova Italia repubblicana portando con sé l’esperienza gloriosa di venti mesi di fame, freddo, morte, paura ma anche di lotta, coraggio, libertà e giustizia”.

Vi ringrazio davvero per avermi rivolto l’invito ad essere con voi oggi per la commemorazione delle Battaglie del Mortirolo.

Ho voluto iniziare con le parole dell’ultimo messaggio del comandante Ragnoli alla sua divisione, che ovviamente voi conoscete bene, perché le ritengo, oltre che di un considerevole spessore morale, anche un manifesto politico e civile che ci trasmette ancora oggi un messaggio che non possiamo lasciare cadere.

Sapete meglio di me che in tutte le commemorazioni si rischia di essere rituali, si rischia di essere sterilmente celebrativi, di usare parole di circostanza. Invece, e voi ne siete la testimonianza, tenere viva la memoria di fattie atti fondativi del nostro vivere comune è una essenziale opera per costruire il futuro sulla base dei valori che quei fatti e quagli atti ci hanno trasmesso.

Una eredità che non possiamo e non dobbiamo disperdere e che è nostro compito invece far fruttare, per continuare, con lo stesso spirito e la stessa determinazione, a costruire una società sempre più giusta e libera.

Per quanto ne sono capace, cercherò in questo mio intervento di non cadere in quei rischi. E per questo mi vengono in aiuto proprio quelle parole del comandante della Tito Speri.

Prima di tutto però desidero ricordare insieme a voi tutti i caduti per la Libertà delle Battaglie del Mortirolo e tutti i caduti della lotta per la Liberazione di queste terre: la loro tenace testimonianza di impegno, di patriottismo autentico, di sacrificio fino al martirio per l’affermazione della libertà di cui oggi noi godiamo.

Non è mio compito, e non ne avrei le competenze, ripercorrere sotto il profilo storico quelle vicende che voi conoscete meglio di chiunque. Mi soffermo solo su un tratto distintivo della Resistenza nel bresciano. Non va dimenticato, infatti, che queste terre dall’8 settembre del 43 hanno vissuto una loro particolarissima storia, che ha inciso anche nella organizzazione della mobilitazione partigiana.

La presenza del governo fantoccio di Salò ha decisamente segnato la vita di queste popolazioni civili così come dei militari dell’esercito italiano in rotta e senza più riferimenti di comando. Entrambi si sono trovati improvvisamente nelle mani della ferocia nazista e successivamente in quella dei fascisti che, vista la sconfitta dell’8 settembre, hanno esacerbato ulteriormente la loro volontà vendicativa.

La vicenda delle Battaglie del Mortirolo si inserisce in questo contesto e nel suo svolgersi dimostra ancor di più il valore della scelta partigiana, per nulla scontata e per nulla certa di un esito positivo. Tra l’altro con un coinvolgimento personale ancor più delicato – immagino- vista la possibilità di trovarsi di fronte, e come nemiche, persone dei propri luoghi.

Sta di fatto però che c’è chi ha deciso, ben consapevole di tutti i rischi, la via impervia, difficile e pericolosa della libertà, secondo il motto presente nel giuramento delle Fiamme Verdi: “Insistere e Resistere”.

Se l’Italia è un Paese sovrano, libero e autonomo è anche perché 80 anni fa la vittoria sui nazifascisti è stata ottenuta grazie alla strenua battaglia di italiani e italiane che hanno liberato città, paesi, frazioni e hanno consentito così di costruire la democrazia che in questi decenni ha creato un contesto di pace in Italia e in Europa. Non è un fatto secondario né da un punto di vista storico né da quello politico.

Erano talmente “appassionati” della democrazia da poter consentire al comandante Ragnoli di ordinare, una volta raggiunto l’obiettivo, peraltro diversi giorni dopo il 25 aprile, e una volta affermatasi la democrazia, lo scioglimento della divisione e la deposizione delle armi, salvo quelle dell’impegno civico nella nuova Italia, perché la convivenza pacifica trovasse spazio. È veramente un autentico messaggio di pace.

Ciò che è stato, il dolore per le vittime, l’orgoglio per le vittorie raggiunte, il patrimonio di valori che è stato messo in campo, tutto questo ora è da portare, con uguale determinazione, dentro l’Italia libera, democratica, repubblicana. Essere cittadini e cittadine per la patria e per il suo futuro. Una missione di una attualità evidente.

Ecco perché oggi siamo qui. Perché fare memoria significa certo ricordare ma soprattutto significa far proprio l’insegnamento di quegli uomini e di quelle donne che ci hanno permesso di essere qui, oggi. Anche di fronte ad un revisionismo di ritorno che vorrebbe riscrivere quella storia.

Nella consapevolezza che la democrazia non è mai un obiettivo raggiunto per sempre. Nella consapevolezza che ha bisogno della cura di ciascun cittadino, di ciascuno di noi, nei diversi ambiti in cui è impegnato e nei diversi livelli di responsabilità. Che non può essere data per scontata.

Noi oggi abbiamo la fortuna di poterci confrontare, anche aspramente, mettendo in campo le nostre idee, di poter esprimere le nostre opinioni, di associarci, di poter immaginare la nostra vita e quella delle generazioni giovani secondo il tratto della libertà. E questo grazie a chi 80 anni fa è stato costretto ad abbracciare le armi, per liberarci dal giogo nazifascista, e poi però le ha deposte per tornare “alla vita civile e democratica della nuova Italia repubblicana”, senza dimenticare ciò che è stato.

Questo è stato fondato anche sul Mortirolo e questo sta a noi curare e difendere. Chi mi conosce sa che non sono abituato ad usare affermazioni apodittiche e definitive, preferisco tentare di svolgere un ragionamento basato su dati di realtà.

Penso di poter dire, per questo, che il nostro presente è immerso in un mondo, lo vediamo ogni giorno, dove, da alcuni, i valori democratici vengono messi in discussione, negati, sono descritti come inutili, inefficaci, superflui.

Senza cadere nella tentazione di fare parallelismi storici che non mi competono, mi pare però evidente che oggi, di fronte all’attacco armato, ci sono popoli che “insistono e resistono” perché questi principi siano preservati. Lo fanno anche per noi.

Ma siamo in presenza anche di un movimento più subdolo e sottotraccia che, nel mantenere la forma della democrazia, ne intende svuotare la sostanza.

Qualcuno si è spinto a dire che la democrazia è in pericolo. Certamente, quella che abbiamo costruito, anche grazie al sacrificio dei partigiani, non sta godendo di buona stampa in giro per il pianeta. Regimi esplicitamente autocratici, insieme ad altri che, mantenendo apparentemente alcune forme, come le elezioni, più o meno regolari, in realtà ne svuotano i principi concreti, e che vengono definiti democrature, stanno assumendo un ruolo sempre più incisivo, e si spingono a dare della democrazia liberale una rappresentazione pubblica negativa.

È una questione delicata e, io credo, decisiva per determinare come sarà il contesto internazionale in un futuro non lontano, mentre i mutamenti degli equilibri cui eravamo abituati stanno già cambiando ad una velocità molto sostenuta.

Il rischio è che anche nelle società occidentali, che sui quei valori e sui quei principi sono fondate, si insinui il dubbio sulla “necessità” della democrazia e il fascino per soluzioni in apparenza più efficaci.

Nuove paure, nuove diseguaglianze, anche crescenti, una globalizzazione che, a fronte di importanti e poderosi vantaggi, soprattutto per le popolazioni più povere, ha portato con sé potenziali conseguenze percepite come negative nelle nostre società, rischiano di alimentare una tendenza alla chiusura nazionalistica e a foraggiare chi diffonde l’idea della inefficacia dei meccanismi e delle procedure democratiche vissute come un impedimento a una capacità decisionale rapida ed efficace.

Perché la democrazia ha un difetto, o presunto tale, che tuttavia coincide con il suo maggior pregio, messo però in crisi nel tempo contemporaneo: la lentezza e l’equilibrio.

In un momento storico in cui tutto è accelerato, in cui la storia sembra costantemente scavalcare se stessa, in cui la velocità assume valore in sé, il fatto che la democrazia necessiti di tempo, confronto e rapporto fra poteri diversi per arrivare alle scelte rischia di essere vissuto come un difetto insormontabile. E diventare la via per metterne in discussione anche i principi fondamentali.

Senza pretendere di riuscire qui e oggi a sviluppare oltre questi argomenti, ritengo che sia una questione di fondoche le democrazie liberali si devono porre, per adattarsi al nuovo contesto globale e riformare se stesse per continuare ad essere attrattive ed evitare il pericolo di una messa in discussione dei fondamentali che le caratterizzano.

Fondamentali che noi italiani abbiamo la fortuna di ritrovare nella nostra Costituzione, che non a caso è nata dalla Resistenza, è nata anche qui, durante le Battaglie del Mortirolo, è nata perché uomini e donne hanno scelto di mettere a rischio la propria vita perché si affermassero.

Per questo ritengo che sia nostro compito, nel ricordare, onorare con il nostro impegno quotidiano, soprattutto per chi ha responsabilità politiche – e parlo prima di tutto a me stesso – il loro lascito, la loro eredità perché in ogni tempo e in ogni luogo libertà e giustizia possano innervare la convivenza tra i popoli.

Di questo ci parla ancora oggi chi ha combattuto le Battaglie del Mortirolo. Sta a noi saper ascoltare e tradurre in impegno costante la loro testimonianza, racchiusa nelle pagine della nostra storia.

Perché, per concludere tornando di nuovo alle parole del Comandante Ragnoli, quei “venti mesi di fame, freddo, morte, paura ma anche di lotta, coraggio, libertà e giustizia” continuino a rimanere impressi nelle nostre menti e nei nostri cuori. E a illuminare ed ispirare il nostro futuro.

Onore ai caduti del Mortirolo!

Viva le Fiamme Verdi!

Viva la Resistenza!

Viva l’Italia!