Si sono trovati in una splendida giornata d’estate, sui monti di Gianico alla Malga Campelli un folto numero di partecipanti, con i Sindaci di Gianico (Emilio Antonioli), di Darfo Boario Terme (Ezio Mondini), l’Assessore di Piancamuno (Regis Cotti), l’Assessore di Artogne (Serioli Alessandro), i Gruppi Alpini di questi Comuni, gli Alpini di Esine, le Associazioni Combattenti e Reduci, le Fiamme Verdi di Brescia rappresentate da Ravelli Damioli Roberto e l’ANPI di Vallecamonica nella persona del Presidente Pietro Avanzini, le Autorità civili e religiose.
La tradizionale, partecipata, cerimonia per ricordare, i Ribelli del Gruppo “Fiamme Verdi” facenti parte della Brigata Lorenzini, che su queste montagne operavano, e dove il 24 Giugno 1944 due di loro sono stati massacrati, dai militi della Tagliamento. Le vittime (Giacomo Marioli e Gian Battista Pedersoli) insieme ad un capraio (Antonio Cotti Cottini) che li aveva ospitati, nella sua malga, durante la notte.
La cerimonia è iniziata alle ore 10, il Cappellano Militare Mons. Angelo Bassi, ha celebrato la Santa Messa in onore delle vittime ricordando il loro sacrificio per la conquista della Libertà e della Democrazia. E’ seguita la benedizione della corona posata, da due Alpini, vicino alla targa ricordo delle tre vittime.
Poi, il Sindaco di Gianico Emilio Antonioli ha ringraziato i cittadini e le autorità presenti, ha ricordato l’impegno dell’Amministrazione e dei cittadini del suo comune che da anni continuano a partecipare numerosi a questo appuntamento rinnovando il ricordo del sacrificio di queste giovani vittime che con la loro vita hanno contribuito a liberare il nostro Paese. Il Sindaco ha concluso il suo intervento sottolineando che “Quest’anno, la cerimonia, vuole essere un omaggio anche a quanti, nelle diverse parti del mondo, stanno lottando e donando la propria vita per conquistare o difendere la Libertà e la Democrazia”.
L’intervento conclusivo è stato tenuto da Luigi Mastaglia componente del Direttivo delle Fiamme Verdi di Vallecamonica che ha ricostruito, in sintesi, i fatti accaduti più di settanta anni fa.
“Il 22 giugno del 1944, un Gruppo di Fiamme Verdi al comando di Paolo Ceriani (Franco), dislocato nella zona del Bassinale, si è scontrato con alcuni soldati tedeschi (che avevano fatto razzia di cibo e di animali) costringendoli alla fuga. Prevedendo un rastrellamento, i partigiani decisero di spostarsi verso la Val di Fra, che era una zona ritenuta più sicura. Tre partigiani del Gruppo decisero di passare la notte alla Malga Campelli, ospitati dal capraio Antonio Cotti Cottini, che nella zona aveva trovato un terreno ideale per il pascolo dei suoi animali. I tre pensavano di raggiungere i compagni il giorno successivo. Ma, il 24 giugno, al mattino presto, gli occupanti la cascina sono colti di sorpresa dai militi della Tagliamento, probabilmente avvertiti e guidati da una spia locale”.
Mastaglia ricorda La testimonianza di Andrea Garatti ed Ernesto Andreoli, in: Dai ricordi di guerra un pensiero di pace, riportata sul libro La terza età della Resistenza scritto insieme a Tullio Clementi e pubblicato dall’Ecomuseo della Resistenza in Mortirolo con il Comune di Sonico:
mentre Lorenzetti Antonio (Tone) di Artogne riesce a fuggure dileguandosi nella boscaglia, Marioli Giacomo (Trot) di Esine rimane ucciso sul posto. Pedersoli Battista (Travaì) di Gianico e Cotti Cottini Antonio (Maiahec) di Piazze invece, bloccati all’interno, condotti in Bassinale, vengono crudelmente torturati e fucilati.
Riporta anche un episodio, che pare ricalchi la drammatica esecuzione del capraio, tratto dal libro Il tiro al piccione, racconto autobiografico di Giose Rimanelli (milite della Tagliamento), riferito al periodo immediatamente precedente al trasferimento del suo plotone di Legionari verso il Mortirolo, nel quale si legge testualmente:
Le capre si erano raccolte in gruppo sulla montagna e ci guardavano con occhi dubbiosi. Le loro groppe tremavano. Il capraio saltellava giù per il sentiero… Ai fianchi c’erano le abetaie e spacchi di cielo chiaro nelle insenature dei monti. Voltandomi indietro vedevo che il gruppo delle capre ci seguiva a distanza e innanzi a tutte c’era il becco con la testa bassa e le grandi corna nodose. Il capraio, adesso, non piangeva più e forse si era rassicurato. Mazzoni aspettò che avanzasse ancora di cinque passi. Poi gli sparò alle spalle tutto il caricatore del mitra. Il capraio ruzzolò per il sentiero come una palla, arenandosi infine… Le capre scendevano sempre più lentamente verso il loro padrone morto. Poi si raccolsero in cerchio intorno al capraio e presero ad annusargli il viso. Qualcuna ci seguiva ancora con i suoi occhi liquidi e spaventati.
Antonio Lorenzetti, miracolosamente sfuggito all’eccidio, grazie anche alla sua formidabile destrezza, continua ancora Mastaglia;
verrà catturato dopo un’azione di sabotaggio, nel territorio del Comune di Gianico, poco più di un mese dopo la sua fuga da Malga Campelli. Era stato incaricato insieme ad altri partigiani di eseguire un attentato alla linea ferroviaria nei pressi della località Ruch di Artogne, ferito mentre si stavano ritirando, per il sopraggiungere dei tedeschi avvertiti da una spia, ha ordinato ai suoi compagni di scappare proteggendone la fuga. Trascinato a Darfo con una gamba spezzata, davanti al comando Tedesco che era dove ora c’è la Caserma dei Carabinieri, seviziato e offerto al ludibrio dei presenti, è stato fucilato (il 28 luglio 1944) nei pressi del campo sportivo, dove ora c’è il cinema Garden. Aveva solo 19 anni. Nel luogo è stata posta una targa ricordo e gli è stata dedicata una via. Per il suo sacrificio una delle cinque Brigate della Divisione Tito Speri, porterà il suo nome.
L’oratore, dopo aver ricordato che il 70° anniversario della Liberazione, lo scorso 25 Aprile, è stato celebrato a Darfo registrando la partecipazione di tutti i Comuni della Vallecamonica, ed è stato dedicato in modo specifico al ricordo del Colonnello Ferruccio Lorenzini, catturato nei pressi del passo San Giovanni / Pratolungo (sui monti di Angolo Terme), torturato, vilipeso, carcerato e fucilato all’alba del 1° gennaio 1944 a Brescia. La Brigata di cui facevano parte i partigiani operanti in questi luoghi portava il suo nome, prima di assumere quello di Antonio Lorenzetti, ha rivolto una pesante critica ai professionisti del revisionismo che imperterriti, continuano la loro opera, anche in questi giorni e sostengono: sono passati tanti anni, mettiamoci una pietra sopra, i morti sono tutti uguali! E poi: anche i partigiani hanno combinato molti guai!
Quante volte abbiamo sentito e letto queste affermazioni? Quanta gente è onestamente convinta che ciò sia giusto?
Per chi è cristiano, il perdono e la riconciliazione fanno parte della sua cultura ma, per il rispetto che dobbiamo ai valori, agli ideali, ai principi per i quali milioni di uomini e donne hanno sacrificato la loro vita nell’immane conflitto mondiale, noi riaffermiamo oggi che Resistenza e Fascismo non hanno la stessa dignità.
Non possiamo accettare, lo dico davvero con forza e convinzione profonda, e non accetteremo la riabilitazione del Fascismo, né sul piano storico né su quello etico. Il Fascismo è nato ed e cresciuto nella violenza. E’ stato sconfitto dalla storia.
In Conclusione, l’augurio migliore è che il nostro Paese continui a riconoscersi unanime nelle parole scritte da Teresio Olivelli, medaglia d’oro al valor partigiano: Signore, facci liberi.
(a cura di Luigi Mastaglia)