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Festa della Repubblica: inaugurato il Luogo del ricordo alla ex Polveriera di Sonico

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Uno scorcio della manifestazione

Sonico, 2 Giugno 2015 – Festa della Repubblica

Martedì 2 giugno 2015 alle 9:15 a Sonico, presso la sala Ida Mottinelli, l’Associazione delle Fiamme Verdi e il Comune di Sonico hanno organizzato un incontro per la presentazione di un progetto da parte di Ezio Gulberti, consigliere provinciale dell’Associazione delle Fiamme Verdi: il progetto del Luogo del ricordo – la polveriera. Ha coordinato i lavori il giornalista Francesco Gheza che ha detto tra l’altro “… l’idea di costruire un deposito di armi e munizioni nacque intorno al 1906 con il regno d’Italia da quella data fino al 1909 il tempo è stato impiegato per individuare il posto più idoneo per la realizzazione della polveriera un posto che forse strategico e funzionale anche all’arrivo della ferrovia Brescia Iseo Edolo, una struttura necessaria per il trasporto di grandi masse di uomini e materiali nel caso fossero servite in una guerra contro l’impero Austro Ungarico i confini del quale passavano proprio sulle creste delle montagne della Vallecamonica. La polveriera e la casermetta realizzata nell’occasione rappresentò un sito di importanza fondamentale per il presidio della stessa polveriera che era anche un avamposto interno alla valle a ridosso del confine. Durante il periodo fascista la polveriera è stata un luogo sempre ben presidiato che veniva mantenuto in piena efficienza tutta la zona era ben recintata. Durante la seconda guerra mondiale, ampliata e presidiata da un forte distaccamento di soldati che erano alloggiati in numerose baracche costruite vicino al rudere che è stato ristrutturato. La recinzione era fatta con filo spinato ed arrivava all’altezza di 3 m. Vi erano tre passaggi presidiati da sbarre che venivano azionate dai soldati presentando un permesso. Durante la seconda guerra mondiale la guardia della polveriera era affidata sia a soldati italiani che ha soldati tedeschi. Quindi tutti gli abitanti dei paesi di Sonico, di Rino e di Garda, i contadini, i boscaioli, se volevano passare sulla strada, l’unica che congiungeva gli abitati, dovevano necessariamente essere provvisti del “papier” (in tedesco). Questo era l’unico lasciapassare per poter transitare sulle strade agro silvo pastorali della zona che intersecavano il sito della polveriera. All’interno del sito recintato c’erano anche i campi coltivati dalle popolazioni. Campi con coltivazioni che dovevano necessariamente essere curate. Il 29 marzo del 1945 alcuni civili soprattutto donne erano nei campi, le coltivazioni, necessitavano di essere pulite e nonostante gli avvisi nessuno credeva che proprio in quella giornata ci sarebbe stato il bombardamento. Da alcuni giorni si diceva alle popolazioni di stare attenti, appena avessero sentito la sirena di scappare e allontanarsi dalla polveriera. Qualcuno è riuscito a scappare altri invece non ce l’hanno fatta, tre sono morti all’istante, altri quattro gravemente feriti sono morti nei giorni successivi. I partigiani sapevano che i tedeschi erano in ritirata e ripiegavano verso l’alta Valle per andare oltre il passo del Tonale o in Valtellina, hanno segnalato le coordinate della polveriera ali Anglo Americani che, per evitare l’approvvigionamento di armi da parte dei tedeschi hanno deciso di bombardarla evitando l’asportazione di materiale importantissimo …”

Dopo questa parentesi informativa, c’è stato il trasferimento dei presenti presso la Chiesa del Paese nella quale è stata celebrata la Santa Messa in ricordo delle sette vittime morte durante il bombardamento, avvenuto il 29 marzo del 1945, l’ufficio è stato celebrato da monsignor Tino Clementi Cappellano delle Fiamme Verdi, quindi, in corteo ci si è trasferiti presso il monumento che rappresenta le tre facce della resistenza. Il parroco Don Bruno Colosio invita monsignor Tino Clementi e Don Tarcisio Moreschi missionario malonnese a benedire il monumento e la bandiera della pace. Prima di concludere, Don Bruno, vuole ricordare la splendida figura di Don Andrea Pinotti figlio di Romelli Caterina di Rino e Pinotti Stefano di Sonico, è stato curato a Borno, è morto il 25 aprile del 1945 aveva fatto voto di donare la propria vita se fosse finita la guerra e questo è avvenuto. E stato un grande prete ed un grande uomo ricordiamo anche Don Giacomo Gulberti, nativo di Rino, che è stato parroco a Erbanno di Darfo e che ha aiutato tante persone e in varie occasioni le formazioni partigiane.

Francesco Gheza saluta le autorità presenti, il direttivo delle fiamme Verdi di Brescia e l’ANPI di Valle Camonica, che hanno voluto presenziare a questa cerimonia. Legge la poesia che è stata incisa sulla lastra di corten che completa il monumento:

Luogo del Ricordo – la polveriera

O ragazza dalle guance di pesca
O ragazza dalle guance d’ Aurora
io spero che a narrarvi riesca la mia vita
all’età che tu hai ora
avevamo vent’anni e guardavamo oltre al ponte
oltre al ponte che era in mano nemica
vedevamo all’altra riva la vita
tutto il bene del mondo, oltre il ponte.

Sonico 2 giugno 2015.

 

Prende poi la parola il Sindaco di Sonico, Gian Battista Pasquini:

Rinnovo tutti il benvenuto per essere intervenuti all’inaugurazione di questo luogo della memoria . La polveriera di Sonico come è stato ricordato è stata bombardata il 29 marzo 1945 e ricorre quest’anno il 70º anniversario. Credo sia stato l’avvenimento più distruttivo successo in Valle Camonica nella seconda guerra mondiale. Io devo ringraziare, le fiamme Verdi ed in particolare Ezio Gulberti se questo fabbricato, che in pratica era il corpo di guardia, è stato restaurato per trasformarlo in un luogo del ricordo e della memoria. Ringrazio i volontari che hanno collaborato, i sindaci dei comuni che fanno parte dell’ Ecomuseo della Resistenza in Mortirolo, oltre a Sonico, Edolo, Monno, Malonno, Corteno ed i tre Comuni della Valtellina Aprica, Villa di Tirano, Tirano e Gabriele il sindaco dei Ragazzi. Voglio fare un caloroso ringraziamento ed un forte abbraccio alla Maestra Carolina Romelli, Madrina dell’evento e figlia di una vittima del bombardamento. Come è stato ricordato prima la polveriera di sonico è stata costruita prima della prima guerra mondiale. Nel 1906 è stato identificato il sito e non a caso, perché qui tra Sonico in Malonno vi era la terza linea di difesa con trinceramenti e postazioni di artiglieria. I piani ferroviari che erano in fase di realizzazione furono ampliati per poter consentire più agevolmente il carico e scarico verso la polveriera e verso la prima linea del Tonale. Dopo l’8 settembre la guardiania venne tenuta dai tedeschi, e la polveriera molto potenziata. Intorno a noi tutti questi prati era pieno di casematte e di cataste di bombe e munizioni, è rimasto solo questo rudere del corpo di guardia. Che messaggio possiamo dare oggi di questo momento? Io ne vedo due il primo riguarda uno dei fatti più tragici per Sonico e per la valle Camonica il secondo messaggio lo vedo come una fase di rilancio visto in una doppia chiave di lettura. La prima é vedere questo fabbricato recuperato che entrerà nel ciclo della memoria della Resistenza e quindi sarà un elemento di valorizzazione per il territorio, per tutta la valle e per Sonico, la seconda é nel guardare questo fabbricato senza tetto ancora scoperchiato che ci ricorda il bombardamento, io ci vedo un messaggio di pace per i giovani per il nostro futuro. La pace nominata più volte oggi da Don Tino, da Don Bruno e da Don Tarcisio e che purtroppo oggi pare essere una parola molto usata e inflazionata. Abbiamo ricordato i 100 anni dello scoppio della prima guerra mondiale ma il messaggio di pace deve essere fortemente sostenuto e fortemente insegnato, perché mentre noi siamo qui a inneggiare alla pace mezzo mondo è in guerra e non mi riferisco solo alle guerre grosse, alla Siria, al medio Oriente alla Russia ma mi riferisco anche alle nostre guerre interne, solo qualche giorno fa a Milano all’inaugurazione dell’Expo un gruppo di Blak Blok scalmanati hanno messo a ferro e fuoco parte della città, ha devastato ed ha fatto male a della gente. Non parliamo poi delle guerre fatte da soldati istruiti a uccidere e da eserciti che non portano altro che la devastazione e la morte di parte della popolazione civile. Come di fatto è successo qui a Sonico 70 anni fa, nonostante le popolazioni di Sonico e di Rino fossero state avvertite, tre persone morirono il giorno del bombardamento ed altre quattro nei giorni successivi per le gravi ferite riportate. Questo è successo anche perché a primavera inoltrata i campi necessitavano di essere ripuliti e le coltivazioni di essere curate, questo dimostra l’attaccamento alla terra ed ai prodotti che con fatica le popolazioni di quei tempi riuscivano a ricavarne. Anche oggi basta accendere la televisione per vedere massacri di popolazioni civili compiute dai fanatici del’Isis che combattono una guerra di conquista che loro definiscono religiosa, massacrano intere popolazioni che hanno il solo torto di non essere della loro religione o di non essere integralisti come loro. Io sono convinto che il contributo che noi dobbiamo dare qui oggi e importante perché è un contributo di presenza che ci fa dire che qualcosa è possibile cambiare, raccontando a tutti quello che è avvenuto in questi luoghi 70 anni fa. Dobbiamo farlo anche in altri luoghi dell’Italia raccontando ai giovani e ai bambini perché quelli imparano in fretta. I bambini e i giovani devono imparare cosa significa la guerra quali sono le conseguenze della guerra, cioè miseria, devastazione e morte, perché devono imparare a non fare quello che certi adulti oggi fanno ancora. Come sindaco e penso anche i miei colleghi qui presenti combattiamo ogni giorno una guerra singolare quella per il lavoro per la mancanza di lavoro per la forte disoccupazione soprattutto giovanile che dobbiamo registrare. Ci troviamo spesso impotenti di fronte a chi ci chiede aiuto, perché non sa come fare ad arrivare alla fine del mese, questa è la guerra dei nostri giorni. Il nostro impegno è quello di dare risposte, quello almeno di dare dei segnali , questo di oggi lo vedo come un segnale di speranza e di pace. Coltiviamo la memoria del passato per non ripetere gli errori commessi e lavoriamo per un futuro migliore e di pace per noi e per tutti. Viva la Pace, Viva l’Italia.

Francesco Gheza, prima di dare la parola al relatore ufficiale dottor Claudio Toninel, vice presidente nazionale dell’associazione Divisione Acqui, dice:

Vorrei che venissero qui vicino al monumento lo scultore Fabio Peloso l’artista Edoardo Nonelli, il presidente della scuola dei fabbri in Bienno Carlo Pedretti e la Maestra Carolina Romelli: a loro va un forte applauso per lo stupendo lavoro che hanno realizzato.

Interviene poi l’oratore ufficiale, Claudio Toninel:

Buongiorno, ho accettato con grande piacere e con onore l’invito fattomi da Ezio a nome delle Fiamme Verdi, di partecipare a questa cerimonia e di festeggiare 2 giugno non nella mia città di Verona ma qui con voi per contribuire a questa bellissima giornata. Vi porto i saluti del presidente nazionale e di tutti i componenti l’Associazione Nazionale della divisione Acqui. Per l’occasione ho preparato una lettera, una lettera immaginaria scritta da un soldato della Divisione Acqui caduto a Cefalonia, che descrive il suo martirio e poi scrive anche quello che avrebbe potuto fare se non fosse caduto, per cui la sua vita spezzata e quella che avrebbe potuto essere se fosse tornato in Italia. Questo è un monito per le future generazioni. Qui stiamo ricordando i nostri nonni che hanno combattuto nella prima guerra mondiale, i nostri padri che hanno combattuto nella seconda guerra mondiale, i partigiani, i soldati della divisione Acqui, un monito alle future generazioni affinché facciano propri questi valori, li rinvigoriscano, li facciano propri e li investano in un futuro migliore, di pace.

Una lettera mai scritta da un soldato della Divisione Acqui:

Ciao ragazza, ciao ragazzi, ciao giovani di oggi, sono un soldato della divisione Acqui senza nome perché i nomi sarebbero 10.000, sono morto a vent’anni in Grecia a Cefalonia, non in combattimento ma mitragliato dai tedeschi, il mio corpo non so che fine abbia fatto forse bruciato, o sommariamente gettato nelle tante fosse comuni tragicamente numerose sull’isola. Trucidato non dalle famigerate S.S. naziste ma da ufficiali e soldati regolari della Wermarcht che non volevano fare prigionieri perché ingombranti e volevano invece vendicarsi e farci pagare la nostra scelta di non cedere le armi ed arrendersi a loro. Tutti noi infatti, i soldati i sottufficiali, gli ufficiali della Divisione Acqui, dopo l’8 settembre del 1943, dopo il grande sbandamento che ha subito l’esercito italiano, senza ordini e precise direttive su come regolarsi nella nuova situazione di guerra avevamo deciso con grande sofferenza ma altrettanta determinazione, di mantenere fede al giuramento fatto alla Patria e di non arrendersi ai nuovi nemici e di tenerci le armi di resistere e di combattere contro di loro, anche se meno armati, attrezzati ed organizzati. Abbiamo combattuto fino all’ultima nostra possibilità, fino all’ultima cartuccia e abbiamo poi subito uno dei più grandi genocidi della seconda guerra mondiale. Migliaia di soldati con il loro ufficiali a Cefalonia e Corfù hanno fatto la mia stessa fine, fatti prigionieri e subito brutalmente trucidati. Pochi si sono salvati e sono tornati a casa, per me non è stato così. Con immenso dolore dei miei cari che non mi hanno visto tornare. E’ ormai conosciuto e risaputo che la nostra scelta è stata il primo impulso, fuori dal territorio italiano, alla guerra di liberazione, ed il nostro sacrificio è stato poi raccolto in Italia da tanti altri giovani che come me hanno combattuto contro i tedeschi invasori e contro il fascismo che si era riorganizzato nell’Italia del Nord.

La mia storia però non finisce a Cefalonia ma continua. Immaginando di non essere morto così barbaramente, se non fossi caduto sotto i colpi della mitraglia sarei tornato a casa magari passando qualche anno in uno dei tanti famigerati campi di sterminio o di lavoro ma, alla fine sarei ritornato al mio paese, avrei ritrovato la mia amata Italia, martoriata e dilaniata dalla guerra, che stava lentamente rialzando la testa. Avrei riabbracciato mamma e papà e avrei condiviso il pianto di gioia per avermi ancora con loro. Li avrei visti invecchiare, gli avrei assistiti, curati e coccolati, gli avrei accompagnati fino all’ultimo giorno della loro vita. Mi sarei sposato con la mia morosa, e avrei avuto come nei sogni di allora, almeno due figli una femmina e un maschio, avrei imparato a fare il papà e li avrei fatti crescere, con tanti problemi, preoccupazioni e altrettante gioie e soddisfazioni, le normali cose della vita di ogni giorno la famiglia, la scuola, fino all’università. Certamente mi avrebbero dato dei nipotini, me ne sarebbero piaciuti almeno quattro e li avrei visti crescere anche loro e diventare grandi. Oggi avrei 92 anni e potrei essere addirittura bisnonno di tanti splendidi, chiassosi, fantastici pronipoti. Sarei un vecchietto arzillo ancora fresco di testa, ma con le gambe pò così, sarei seduto lì davanti commosso ed orgoglioso, in prima fila, con il mio bastone del quale ho smesso di vergognarmi, con il mio vecchio basco in testa e l’immancabile fazzoletto della Divisione Acqui al collo, andrei serenamente incontro al mio destino con la mia compagna di vita, senza contare più gli anni. Vedete ragazzi di oggi che valore aveva la mia vita quando l’ho sacrificata a Cefalonia sotto i colpi della mitragliatrice tedesca e che valore avrebbe poi avuto la mia stessa vita con tutto quello che avrei potuto fare se avessi fatto altre scelte e fossi tornato a casa e come me tantissimi altri giovani che hanno fatto la scelta di non arrendersi al fascismo e al nazismo hanno combattuto nelle nostre pianure e sui nostri monti. Oggi ci troviamo nei luoghi in cui operarono dal 1943 al 1945 nella guerra di liberazione i gloriosi partigiani, i ribelli delle Fiamme Verdi, anche tra di loro vi furono tanti giovani eroi che hanno sacrificato la vita per darvi la possibilità di nascere e crescere di vivere in uno Stato Libero e Democratico. Solo oggi qui con voi per unirmi ai reduci e ai superstiti delle operazioni di resistenza e di quanti ancora credono ai valori di libertà, democrazia, lealtà, legalità, convivenza pacifica tra i popoli, lotta alla guerra, alle sopraffazioni, alle discriminazioni di ogni sorta razziali, politiche o religiose. Per lanciare un forte monito a voi giovani di oggi affinché facciate vostri questi valori, ne abbiate cura della pensando a come li abbiamo conquistati e quanta fatica, dolore e sofferenza sono costati. Fate tesoro di tutto questo, è la cosa più bella che vi abbiamo lasciato.

Francesco Gheza invita Giacomo Franceschetti, che ha voluto quest’opera di Fabio Peloso in memoria di suo padre a dire due parole e grazie per questo intervento:

Sono io che ringrazio voi e ho portato anche i miei figli perché come ha detto il sindaco la cosa più importante è il ricordo e la memoria. Noi possiamo fare certe cose perché ci sono state persone che hanno reso possibile di essere liberi oggi. Noi dobbiamo sempre ricordarli anche attraverso questi monumenti. L’ho dedicato a mio padre anche se non è un uomo che ha fatto la guerra essendo nato nel 1944 ma è scomparso molto giovane, lo abbiamo voluto ricordare così, io e i miei figli, mi sembrava giusto anche come Associazione degli Imprenditori Cristiani, anche per dare un aiuto ai nostri amici che hanno voluto questo monumento. Io ringrazio nuovamente tutti voi per avermi dato questa opportunità.

La Banda di Sonico suona l’Inno delle Fiamme Verdi.

Ezio Gulberti conclude la cerimonia:

Ringrazio tutti ma, devo ringraziare in particolar modo Gabriele (il sindaco dei ragazzi) perché oggi abbiamo dato ai giovani una grande responsabilità, abbiamo fatto un passaggio del testimone molto importante ed i giovani non devono sentirsi soli, devono sentirsi accompagnati, da noi guidati, da noi anche coccolati, per far sì che si porti sempre questo messaggio di pace che non si vada a dimenticare e far sì che questi luoghi, come il luogo del ricordo la polveriera sia visitato, praticato, che non si venga qui una volta all’anno per fare le pulizie di primavera. Questo luogo lo doniamo ai giovani ma voi giovani contate sempre su di noi.

Registrazione e trascrizione a cura di Luigi Mastaglia

Vedi anche l’articolo su la Gazzetta delle Valli

 

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I sindaci e alcuni partecipanti
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L’intervento di Claudio Toninel
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La maestra Carolina Romelli con gli artisti
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L’omaggio floreale al Monumento
Il_20Monumento
Il Monumento