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Il testo dell’intervento di Rosi Romelli in Mortirolo, 6 settembre 2020

Ecco il testo del bellissimo intervento pronunciato da Rosi Romelli ieri, 6 settembre 2020, in Mortirolo:

Bentrovati a tutti, a chi è presente qui fisicamente e a coloro che ci sono per altri mezzi, dello spirito e della tecnologia.

Rosi Romelli pronuncia il discorso
Rosi Romelli pronuncia il discorso

Nei giorni scorsi pensavo a questa giornata.
Riflettevo su quante volte ho invitato i ragazzi, nelle scuole, a ricercare e custodire la libertà.
Quante volte ho detto loro che tutti devono esservi coinvolti, senza eccezioni. Che non c’è appartenenza o tessera che dia l’esclusiva, perché difendere la libertà è un dovere di ognuno. Un dovere, prima che un diritto. E che bisogna farlo, esattamente come bisogna respirare per vivere.

Guardiamoci oggi: nella nostra fatica a portare una mascherina che, pure, protegge le nostre vite; quanto ci manca non poter, per ora, respirare a pieni polmoni, senza impedimenti?…
Ecco, così (e molto di più) mancava, nel periodo del nazifascismo, la libertà. Eppure era necessaria, come l’aria per vivere.

Non suoni allora scontato parlare oggi di libertà. Per lei, su questi monti, hanno combattuto e dato la vita molti partigiani, nelle giornate di duro combattimento del febbraio, marzo e aprile del ’45. Di lei parla Teresio Olivelli nel bel testo che tutti conosciamo, chiedendo al Signore di essere resi “liberi e intensi”: “Dio che sei Verità e Libertà, facci liberi e intensi”, così recita la Preghiera del Ribelle.

Dunque, in veritate libertas (nella verità è la libertà); nel Vangelo di Giovanni, questo risuona limpido: “Se rimanete nella mia Parola, siete davvero miei discepoli. Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. La verità che è il Signore, certo: e che ci precede.
Ma anche la verità di noi stessi e della nostra storia. Da queste rocce, da chi ne ha fatto la propria casa per mesi, noi impariamo alcune fedeltà.

In primo luogo, alla propria storia personale, alle chiamate improvvise e inattese a farne qualcosa di diverso da quanto immaginato.
La mia storia di ragazza quattordicenne parlava di scuola e lavoro nei campi, giochi semplici e normalità. Poi si è trasformata in una storia di fughe sui monti per sfuggire ai rastrellamenti, di notti sotto l’acqua, di paura e coraggio (facce della stessa medaglia). Mai avrei immaginato di trovarmi a sperimentare la quotidianità della vita di una Brigata, o a resistere agli interrogatori in Questura a Brescia…
Immagino che lo stesso cambiamento sia capitato ai molti che hanno deciso, nel giro di poco, di far parte della Resistenza; alle Fiamme Verdi che hanno animato la lotta alle forze fasciste in questi luoghi. E’ stata a suo modo una rivoluzione; senza pretendere di cambiare il mondo, ha certamente cambiato le vite nostre – e quelle di chi ci stava accanto.

Ma poi c’è un’altra fedeltà: quella al proprio tempo. Il tempo in cui si è nati, il Paese in cui si vive. Settantacinque anni fa, i partigiani che oggi ricordiamo decisero che non si poteva stare semplicemente a guardare, sperando che il peggio passasse.

Oggi a noi è chiesto lo stesso discernimento, guardando a questo nostro Paese, non a quello desiderato o sognato. Questo Paese, in cui convivono le mani di chi ha sottratto l’agenda rossa di Paolo Borsellino e le mani del medico in pensione che, tornato in corsia per l’emergenza Covid, decide di curare i pazienti – e ci rimette magari la vita.
Qui e ora siamo chiamati a stare da cittadini onesti e coraggiosi, accendendo una luce invece di maledire l’oscurità.

Ecco perché bisogna essere liberi e intensi: perché abbiamo la certezza che c’è ancora da lavorare per cercare la verità, rendere giustizia a chi la attende, lottare per la legalità, custodire quotidianamente la pace; non stancandosi di confrontarsi con gli ignoranti, i superficiali, coloro che negano la gravità di quanto accaduto – e di quanto ancora accade, ogni giorno! Questa è una costante assunzione di responsabilità, verso sé stessi e l’umanità intera, di cui siamo frammento.

Non si sentivano eroi i vostri padri e nonni, o quanti hanno combattuto su queste montagne (tra difficoltà di ogni genere), lasciando casa, famiglia e amici, per seguire la speranza di essere un giorno liberi.
Sono sicura che non si sentiva un eroe mio padre quando, dopo giorni di pestaggi e torture, mi salutò credendo che non mi avrebbe più rivisto e dicendomi: “Ricordati che sono qui perché VOI, un giorno, possiate essere liberi”.
Non si sentivano eroi Falcone, Dalla Chiesa, e nemmeno Ebru Timtik, l’avvocatessa lasciata morire nelle carceri turche solo dieci giorni fa.

Si sentivano però uomini e donne fedeli a sé stessi, al loro tempo, alle proprie decisioni di bene, per sé e per i propri simili. Oggi li vediamo eroici. Ma non ci può bastare: la stessa energia di vita è chiesta a noi.

Guai a dimenticare. E guai ad essere ignavi.

Don Primo Mazzolari diceva: “Non ha senso avere le mani pulite e tenerle in tasca”…
Lo sappiamo: noi vediamo ciò che scegliamo di vedere, e a questo poi dedichiamo il nostro tempo, l’energia che ci sostiene. Dunque, è sempre una scelta aver cura del nostro sguardo. Decidere da che parte e con quale attenzione puntare gli occhi…

Sarà così che, ad un certo punto, ci accorgeremo di una cosa: come è reale in veritate libertas, così è profondamente vero anche il suo ribaltamento: in libertate veritas: (nella libertà sta la verità). Poiché cercare la verità è un cammino da liberi.

Questo è il mio augurio per ciascuno di voi – così per me stessa: che la nostra vita possa essere vera, libera, intensa.

Grazie!

Rosi Romelli