Buongiorno a tutti, alle istituzioni politiche, religiose e militari, alle associazioni e a tutti voi cari amici antifascisti.
La vostra presenza qui oggi è sicuramente un bel messaggio di senso civico e di partecipazione, di chi non vuole dimenticare ma testimoniare i valori della Resistenza.
Notavo mentre salivo in macchina, che questo è un luogo veramente bello dal punto di vista panoramico ma è anche un luogo sacro dove persone giuste, in questo caso due ragazzi giusti e con la schiena dritta di 20 e 21anni, hanno pagato con il prezzo più alto, quello della loro vita, la libertà e la democrazia che oggi noi abbiamo la fortuna di apprezzare e vivere.
Molte volte si sente parlare della “banalità del male”, di come spesso le azioni più dure, sanguinose ed efferate siano state compiute da persone normali, della porta accanto….persone criminali si per il male inflitto, ma pur sempre uomini che con leggerezza, passività e superficialità si sono fatti pervadere e convincere dall’idea che la strada del fascismo mussoliniano fosse quella giusta.
Ebbene oggi io, voglio ribaltare questo concetto della banalità del male e vedere l’esatto opposto, la “banalità del bene”.
Cioè questi due ragazzi, (che oggi ricordiamo come migliaia di altri uomini e donne della Resistenza, che hanno pagato con la loro vita il loro impegno e la loro scelta antifascista,) non erano dei super eroi, nè tanto meno dei super uomini.
Non erano persone illuminate e di cultura, grandi pensatori o filosofi, ma gente comune, spesso di umili origini e poco scolarizzati ma che nel momento della scelta hanno deciso di divenire partigiani, combattenti o “ribelli per amore” per dirla alla Teresio Olivelli.
Perchè potranno esserci soprusi, obblighi, catene e manganelli ma ognuno di noi possiede una prerogativa che è quella di dire, e cito Claudio Magris, “no, non sono d’accordo, non posso essere complice” e loro l’hanno fatto…e sapete come ?
Non scrivendo libri o saggi, ma agendo giorno per giorno, con piccoli gesti: un’informazione passata, una piccola bugia alle autorità, un pezzo di pane donato a chi partiva per la montagna…o ad esempio io vengo da Gardone dove c’è la Beretta e lì si aiutava la Resistenza portando fuori dalla fabbrica anche piccoli particolari d’arma come viti o molle ma che assemblate in armi erano di grande aiuto.
Vedete quindi come può essere semplice non possedere nulla ma riuscire allo stesso tempo con piccoli gesti e buona volontà a perpetrare il bene e combattere la violenza verbale, morale, fisica ed intellettuale che spesso ci circonda.
Ho detto, e lo ribadisco, “ violenza intellettuale” che ci circonda, perchè sappiamo tutti che il fascismo non tornerà come l’abbiamo conosciuto, con la camice nere, l’olio di ricino, il saluto romano (anche se questo ancora oggi si vede in qualche manifestazione e c’è pure qualcuno che finge di vederlo o peggio ancora minimizza) o gli altri buffi ed assurdi rituali imposti dal duce.
Ma è violenza intellettuale e quindi fascismo quando:
- si odia il diverso
- si odia chi non la pensa come noi
- si odia chi non ha i gusti sessuali come noi
- o quando si ritiene qualcun altro inferiore a noi
- o quando si afferma che la politica non serve a nulla, che le discussioni ed il confronto sono solo una perdita di tempo, che tanto sono tutti uguali e nulla cambia
- o , venendo ai giorni nostri, quando si vede una barca in mezzo al mare piena di persone e non si capisce che li ci sono essere umani, ancora prima che migranti
- (anedotto personale della nonna)
Ed è qui allora che dobbiamo entrare in campo noi, come han fatto Mario e Giuseppe, senza paura e sicuri di essere dalla parte giusta, attuando “la banalità del bene”.
E lo dobbiamo soprattutto ai giovani, a chi sta crescendo e si sta affacciando alla maggiore età, perchè se gli unici messaggi che passano sono quelli citati poco fa e si pensa che giornate come quella di oggi siano solo un banale esercizio nostalgico e riconducibile ad un colore politico, bene, se succede tutto questo, si creano,come dice il professor Anselmo Palini nel suo libro su Teresio Olivelli:
“masse di ubbidienti esecutori senza coscienza critica e capacità di pensiero alternativo.
Si cresce cioè in un ambiente “intriso” di fascismo e se noi stiamo zitti o ci giriamo dall’altra parte non vi sarà mai la possibilità di fare ascoltare loro una voce diversa, che parli di libertà, di rispetto di democrazia”
Una voce che dica che l’egoismo di pochi non deve prevalere sul benessere di molti.
Se non ci facciamo sentire, essi, i giovani, abbracceranno la proposta di una nazione chiusa in sé stessa e che ha paura del diverso come unica verità indiscussa, che è quello successo a tanti giovani nel periodo fascista, dove non c’era il contraddittorio e le libertà di espressione e critica erano sospese.
Ecco oggi noi all’avvento di questi nuovi fascismi abbiamo un’arma in più, la nostra Costituzione che ci garantisce la libertà di manifestare il dissenso contro chi urla di più, revisiona il regime fascista e fa mera propaganda populista, proponendo odio, soluzioni semplici a problemi complessi e uomini soli al comando.
Noi oggi abbiamo la storia che dobbiamo leggere ed imparare, per ricordare che “o si crede nella libertà del pensiero, oppure si dà obbedienza cieca ad un capo che pensa, decide e comanda al nostro posto” come disse Padre Cittadini.
E tutto ciò deve partire prima di tutto da noi stessi, dentro di noi, dobbiamo essere intimamente convinti che come disse Teresio Olivelli “non ci sono liberatori ma uomini che si liberano”.
E per liberarsi serve oggi una ribellione etica e morale che non ha colore politico.
Perchè la ribellione non è mera opposizione ad un governo, ad un leader o ad un partito badate bene, ma opposizione alle piccole e grandi ingiustizie che ci circondano alle quali dobbiamo dire no ed adoperarci per rimuoverle.
Dobbiamo dire no ad un modello di mondo in cui conta solo far prevalere il singolo e ci si scorda dell’essere e del fare comunità.
Con i moderni strumenti di comunicazione sappiamo cosa succede dall’altra parte del mondo e spesso ci indigniamo davanti alle ingiustizie. Bene, ma se poi non nel nostro piccolo non facciamo altrettanto, perdiamo il senso di questa ribellione, che tengo a ribadire non deve avere colore politico ma condivisione tra tutti noi.
Il mio augurio è dunque quello che tutti insieme, istituzioni, cittadini, associazioni, partiti, non si dimentichi il sacrificio di ragazzi come Mario e Giuseppe e si porti sempre con sé l’insegnamento e l’idea (che dicevo all’inizio del mio discorso) della “banalità del bene”, dove l’uomo insieme ad altri uomini, può fare la differenza, soprattutto in positivo, senza gesti per forza eroici, ma con piccoli azioni nel nostro vivere quotidiano, vigilando sulla Costituzione e facendo una scelta di campo senza se e senza ma, di essere “ribelli per amore”….amore verso la libertà, la democrazia e la pace tra gli uomini.