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Darfo Boario Terme, 25 aprile 2015: manifestazione unitaria in Valle Camonica

La piazza gremita di cittadini e di sindaci
La piazza gremita di cittadini e di sindaci

LA CRONACA DELLA GIORNATA
di Luigi Mastaglia

Tutta la Vallecamonica ha festeggiato il settantesimo della Liberazione a Darfo. 41 Comuni, le Associazioni d’arma, le Fiamme Verdi, l’ANPI, i gruppi Alpini, studenti e tanta gente, hanno risposto all’invito del Comitato Unitario Antifascista e del Comune di Darfo di celebrare la ricorrenza unitariamente nella Città Capitale della Vallecamonica.

La giornata si è aperta con il ritrovo al monumento ai Partigiani Caduti presso il cimitero di Darfo dove, dopo la posa di un omaggio floreale, il gruppo “Donne in cammino” ha letto brani in ricordo delle Staffette Partigiane, l’apporto e il sacrificio delle donne a sostegno della guerra di liberazione. Il corteo, in testa la banda, i labari dei comuni, delle Fiamme Verdi, dell’ANPI, delle Associazioni d’arma, le autorità e la popolazione, si è portato presso il monumento ai Caduti di tutte le guerre presso la Scuola Ungaretti, i ragazzi delle scuole sono stati protagonisti di una serie di iniziative culminate con la posa di sette girandole colorate a formare un arcobaleno della Pace dove di solito si posa la corona d’alloro.

I Ragazzi dell’Istituto Darfo 1 avevano preparato e si sono alternati a nella lettura di riflessioni sul significato dei monumenti, dei nomi dati alle vie ed alla piazza di Darfo con attinenza a personaggi della Resistenza ad esempio via Ghislandi, via Lorenzetti, piazza Lorenzini:

“Una mattina di novembre stavamo andando a visitare la chiesetta che ricorda i morti del Gleno e passando vicino al monumento che si trova nella piazzetta davanti alla scuola, abbiamo visto che aveva tanti fiori, bandiere Italiane e una ghirlanda d’alloro, … allora ci siamo fermati a guardare, era come se lo vedessimo per la prima volta anche se passiamo davanti ogni giorno, … abbiamo notato le statue abbiamo letto le scritte e i nomi sulle lapidi di marmo, tornati in classe ne abbiamo parlato e abbiamo scoperto che il monumento ricordava i soldati e alcuni cittadini morti o dispersi nelle guerre, … in quei giorni era stato abbellito e decorato perché si ricordava la fine della guerra che si è svolta ai tempi dei nostri bisnonni, … abbiamo così capito che il monumento è importante, per questo abbiamo deciso che lo proteggeremo  da chi non lo rispetta, lo sporca gettando rifiuti scrivendo sui muretti, entrando a sedersi o a saltare sui suoi gradini, … veglieremo tutti con gentilezza e con ricordo perché tutti sappiano e si impegnino ad evitare altre guerre, … Guglielmo Ghislandi lo ringraziamo perché ha onorato le popolazioni Camune con la sua onestà è stato un esponente della lotta antifascista e Partigiana che rappresentò la speranza di costruire un’Italia Democratica, … La ricorderemo sempre perché ha lasciato un segno nella storia ci ha tramandato molti insegnamenti da cui potremo sicure trarre esempio è certamente una figura onesta e coerente che aveva fiducia nell’avvento di una società giusta ed umana, … pianteremo questo piccolo ulivo nel giardino della nostra scuola per mantenere viva la memoria di questo giorno e l’impegno a costruire la pace giorno per giorno, … la memoria è come l’albero ha radici fortemente piantate nel terreno che si propagano tra le vie del paese entrano nelle case calde e raccontano le nostre storie, la memoria è come un albero, ha rami che s’innalzano nel cielo e potranno nascere molti frutti se solo noi sapremo spargere i semi”.

E’ ora la volta dei Ragazzi dell’Istituto Darfo 2 con i ragazzi di quinta Elementare e di Terza media che poseranno la corona, non la corona classica che si posa nelle occasioni ufficiali, ma una corona composta da sette girandole che richiamano i colori dell’arcobaleno, durante la posa delle girandole verrà letta una frase significativa preparata per l’occasione:

“Noi ragazzi dell’Istituto Comprensivo Darfo 2 abbiamo realizzato sette girandole di cartoncino colorato con i colori dell’arcobaleno in modo da comporre la bandiera della Pace. I colori dell’arcobaleno, simbolicamente rappresentano i Popoli del Mondo, le diversità culturali, etniche e religiose sono espressi in semplici girandole che ricordano l’animo puro e buono dell’infanzia e che fanno girare l’energia della pace con l’aiuto del vento. Le sette girandole si posizionano in sette vasi di terra che rappresentano il nostro pianeta, la Terra il mondo che coglie tutti i colori dell’universo, le diversità nel senso più ampio del termine.

Rosso, come il cuore che batte in modo uguale in ogni uomo. Rosso come il sangue di ogni fratello che scorre in ogni inutile guerra. Rosso come l’amore che unisce tutto il mondo.

Arancio, come il sole che riscalda il nostro cuore, ci da forza, ci da vita e che la Pace non sia mai finita.

Giallo, che rimanda all’eredità del sole che risveglia e da calore a tutti i popoli della terra.

Verde, è sempre stato simbolo di vita e fertilità, simbolo di prosperità, continuità e promessa di risurrezione, simbolo di conoscenza del bene e del male esempio supremo della solidarietà tra l’uomo e la natura, il verde è speranza.

Azzurro, pace per tutti i popoli della terra uniti sotto lo stesso cielo azzurro.

Indaco, è il colore del silenzio della calma e della tranquillità, della tenerezza e della gioia di vivere, è il colore della contemplazione e della spiritualità, induce alla quiete, alla placida e completa soddisfazione, all’adattamento e all’armonia.

Violetto, è il colore della fantasia, del sogno e dell’altruismo, è sinonimo di dignità, prudenza e saggezza”.

Ora, tutti insieme, i ragazzi cantano “Bella Ciao”. Si riforma il corteo che si sposta nel luogo dove è stato fucilato Antonio Lorenzetti sotto la targa che ricorda il sacrificio del Partigiano che ha dato il nome a una Brigata delle Fiamme Verdi ed al quale è stata intitolata la via. Uno studente legge una scheda che ne ricorda la figura:

“Con il nome di battaglia Tone, nel 1944 entra a far parte della grande famiglia delle Fiamme Verdi facendosi benvolere dai suoi comandanti e compagni, partecipa a numerose azioni di sabotaggio per liberare la Vallecamonica dai nazifascisti. Continuamente braccati lui e i suoi compagni trovano spesso rifugio nelle cascine di montagna sopra Artogne dove la gente del posto, pur sapendo di correre un grosso rischio, si presta ad aiutarli. Il 28 luglio 1944 è una triste giornata per le Fiamme Verdi. Una pattuglia, agli ordini del Caposquadra Luigi Macario si reca lungo la linea ferroviaria con l’intenzione di far deragliare un treno merci con materiale bellico tedesco ed il sabotaggio viene compiuto brillantemente. Nel ritirarsi lungo una via campestre in una scontro con una pattuglia tedesca, Luigi Macario e Antonio Lorenzetti vengono feriti ma riescono ad eclissarsi in un campo di grano seguendo vie diverse. Luigi Macario riesce a scappare trasportato sulle spalle da un altro Partigiano, Antonio Lorenzetti viene poco dopo catturato dai tedeschi che lo trascinano in direzione di Darfo picchiandolo con il calcio dei fucili ogni volta che cade e lo fanno rialzare. Viene portato davanti alla casa del fascio, attuale caserma dei Carabinieri di Darfo, per essere barbaramente fucilato. Alla sua esecuzione assiste, nascosto tra la folla, anche il suo Comandante Ragnoli che in seguito racconterà i particolari di questo drammatico epilogo. Secondo noi questo lavoro sul percorso della memoria è stato importante per conoscere la storia delle persone che hanno contribuito a rendere l’Italia un Paese Democratico e Libero. Pensiamo che i Partigiani siano stati delle persone brave, altruiste che combattevano contro i nazifascisti per un’Italia e un mondo migliore. E’ importante conoscere la vita di questi Eroi perché ci offrono un esempio concreto della capacità di compiere scelte impegnative nell’interesse del bene comune anche a costo della vita”.

Da via Lorenzetti a Piazza Lorenzini che è la Piazza del Comune di Darfo dove è stato allestito il palco sul quale si alterneranno gli oratori ed alla fine sarà celebrata, da Monsignor Tino Clementi Cappellano delle Fiamme Verdi, la Santa Messa. Davanti al palco una fila di sedie predisposte per le care Staffette ed i Partigiani che, rispondendo all’invito, hanno voluto allietare la Festa della Liberazione. E’ prevista l’inaugurazione di una Targa in ricordo del Colonnello Ferruccio Lorenzini, medaglia d’argento alla memoria, al quale è intitolata la Piazza e successivamente la consegna, ai Partigiani, alle Staffette ed agli Internati Militari, presenti di una pergamena ricordo con un grazie di cuore da parte di tutti noi.

Il Pronipote del Colonnello, Ruggero Lorenzini prende la parola:

A nome della Zia Cecilia Lorenzini che non ha potuto presenziare a questa festa della Liberazione celebrata a Darfo ed a nome anche di tutti i Familiari dello zio Collonello Ferruccio Lorenzini sento il dovere di porgere un sentito ringraziamento alle Associazioni delle Fiamme Verdi e dell’ANPI, al Sindaco di Darfo Prof. Ezio Mondini, ai componenti del Comitato per la celebrazione del 25 Aprile che quest’anno, hanno voluto organizzare il settantesimo della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo con questa cerimonia unitaria che vede la partecipazione di tutti i Comuni della Vallecamonica, delle Autorità civili e militari e le Associazioni dei militari in congedo.

E’ un onore, per la nostra famiglia partecipare, nella Piazza della Città di Darfo Boario Terme intitolata allo zio, alla cerimonia conclusiva dei festeggiamenti per ricordare i settant’anni di Pace, di Democrazia, di Libertà che ci sono state donate da tanti giovani e meno giovani che si sono ribellati alla barbarie delle dittature nazifasciste.

Lo zio, nasce nel 1885 il 6 dicembre a Pegognaga di Mantova. A 18 anni si arruola ed inizia la sua carriera militare, partecipa alla guerra italo turca nel 1911, promosso Capitano durante la prima guerra mondiale è gravemente ferito mentre era alla guida del 207° reggimento Fanteria riceve per il suo eroismo ben due medaglie una d’argento ed una di bronzo e una croce al valor militare. E’ congedato nel 1919 per riduzione di quadri. Si trasferisce a Bienno presso il fratello (mio nonno) che era Capostazione a Cividate, ed aveva sposato Giovanna Ercoli di Bienno, i nonni allora abitavano in via Ripa, sulla casa è stata posta una targa che ricorda il soggiorno dello zio. Non era sempre a Bienno, a volte si assentava. Nel periodo che ha trascorso con noi era sereno, addirittura aveva fondato la squadra di calcio del Paese (S. Giovanni Bosco) e organizzato tornei.

Nel 1939 viene richiamato col grado di Tenente Colonnello, ricopre il ruolo di capo del personale dell’arsenale di Gardone Val Trompia poi, nel 1942 il trasferimento in Sardegna a Carbonia e Iglesias e nel febbraio del 1943, quando aveva 57 anni chiede di essere messo in congedo definitivo. Ha vissuto con una sorella, in una frazione di Desenzano. Proprio a Desenzano, dopo un diverbio con uno “squadrista”, viene fermato e messo in prigione per cinque giorni con l’accusa di porto abusivo d’arma (era la sua rivoltella d’ordinanza), ma da quel giorno non si è più sentito sicuro. Non è mai stato un sostenitore del regime fascista, pur essendo un militare di carriera.

Nel libro curato da Aldo Gamba “40° Anniversario della battaglia Partigiana di Pratolungo di Terzano – Il Gruppo Lorenzini –“ a pag. 25 viene riportata una testimonianza diretta dello zio “Sono stato scosso dal tragico travaglio nazionale e sfiduciato particolarmente per le continue asportazioni dei nostri beni da parte dei tedeschi. Mi sono ritirato nel mio silenzio e nel mio dolore, così ha fatto breccia nell’animo mio la necessità di una azione mirante alla organizzazione dei Patrioti”.

Poteva comunque, starsene a casa tranquillo ma, dopo l’8 settembre 1943, nonostante i suoi 58 anni decise di trasferirsi nei pressi di Polaveno dove iniziò la sua attività resistenziale. L’8 dicembre 1943 il suo gruppo di 25 uomini si trovava in zona di Terzano vicino alle cascine di Pratolongo dove venne accerchiato da 150 militi delle brigate nere guidati da alcune spie locali. Dopo due ore di combattimento si contavano tra i Partigiani cinque  morti e quattordici catturati, altri cinque Partigiani furono presi nei giorni successivi a Darfo.

 “… viene condotto a Darfo, dove venne pubblicamente bastonato insieme ad alcuni dei suoi. Poi legato mani e piedi, fu portato alla berlina sulla pubblica piazza e quindi accompagnato dal Municipio alla casa del fascio, tra gli scherni e i colpi soprattutto dei fascisti locali …”. Da (Il “Ribelle clandestino” n. 7 del 05 07 1944).

Quindi trasferito insieme agli altri prigionieri nel carcere di Brescia, dove a seguito del processo venne fucilato il 31 dicembre 1943, nel Campo di Marte oltre gli argini del Ponte Mella, insieme a Giuseppe Marino Bonassoli, René Renault, Costantino Jourgiu. E’ stato insignito della medaglia d’argento alla memoria.

Ricordare nel settantesimo della Liberazione, il Colonnello ed i suoi ragazzi che con lui hanno combattuto e donato la vita, e farlo nella Piazza della Città di Darfo Boario Terme, nella quale verrà, proprio oggi, scoperta una targa in ricordo della fulgida figura dello zio è come se la Città, tutta, rendesse onore al Patriota, al Partigiano, e sommessamente chiedesse venia per i troppi anni di colpevole silenzio. Per questo i familiari del Colonnello Ferruccio Lorenzini ringraziano sentitamente per l’onore tributato allo zio ed ai suoi ragazzi in questa bella significativa giornata di festa.

Viva il 25 Aprile, Viva l’Italia Libera”.

La Targa, posizionata sulla facciata del Comune di Darfo appena sotto quella che intitola al Colonnello la Piazza, viene scoperta, dal pronipote Ruggero insieme al Sindaco Ezio Mondini ed al Maggiore dei Carabinieri Camuni Malvaso.

Le scritte riportate sul marmo a peritura memoria:

la Città di Darfo Boario Terme le cui strade furono, nel dicembre 1943, proscenio dell’offesa e  del calvario di FERRUCCIO LORENZINI (Pegognaga 1885 – Brescia 1943), Partigiano Fiamma Verde – medaglia d’argento, nel LXX anniversario della Liberazione, rende Onore all’estremo sacrificio dei Combattenti per la Libertà. 25 Aprile 2015

Si procede, tra gli applausi ed un abbraccio collettivo della folla, alla consegna delle pergamene ricordo ai Partigiani, alle Staffette, agli Internati Militari presenti.

La parola per il saluto al Sindaco di Darfo Prof. Ezio Mondini:

Siamo qui oggi tutti insieme per celebrare il settantesimo della Liberazione. Abbiamo scelto di ricordare questo prezioso anniversario in forma unitaria coinvolgendo tutti i Comuni della Vallecamonica e il Comune dell’Aprica, le Istituzioni che ringrazio a nome del Comitato Organizzatore. Siamo qui per dimostrare e ricordare in forma solenne, forte, quel momento e per riaffermare oggi tutti insieme i valori che nacquero da quella esperienza che ci restituì Democrazia, Libertà, Giustizia, Solidarietà, pari Dignità e opportunità nel rispetto delle diversità e del Pluralismo. Un grazie a voi tutti per la vostra presenza, prima di tutto grazie agli organizzatori di questa giornata, dalla Comunità Montana, all’ANPI di Vallecamonica, dall’Associazione Fiamme Verdi al Centro di Coordinamento dei Servizi Scolastici della Vallecamonica. Grazie a tutti i Reduci che hanno voluto con la loro presenza, testimoniare il loro vissuto, ai Partigiani che seppero scegliere tra essere spettatori passivi di una tragedia oppure attori straordinari, lasciatemi ricordare ancora il Partigiano della Valsaviore Viginio Boldini che ha ricevuto la Medaglia d’Oro della Resistenza da parte del Presidente della Repubblica Mattarella. Vi invito ad un applauso che vuole essere un abbraccio ideale con tutti i Partigiani e con tutti coloro che scelsero l’internamento e la prigione piuttosto che unirsi alle forze fasciste e naziste. Grazie al Presidente della Comunità Montana Oliviero Valzelli, ai colleghi sindaci così numerosi, ai tre Sindaci dei Ragazzi venuti tutti a testimoniare che le Istituzioni sono ancora e saranno sempre in prima linea per ribadire il valore della Patria, dell’Unità e della Repubblica. Oggi più che mai dobbiamo riaffermare con forza e coraggio la dignità delle nostre Istituzioni Democratiche e Repubblicane così come ci sono state consegnate dalla Resistenza. Grazie per la loro presenza ai Consiglieri Regionali Martinazzoli, Fanetti e Tomasi, al Presidente della Provincia Mottinelli Pier Luigi, al Consigliere Provinciale nonché collega Sindaco Bressanelli. Grazie a tutte le Forze dell’ordine, con loro in particolare il Maggiore Malvaso, grazie a tutte le associazioni in armi e non sempre presenti a testimoniare il loro impegno per la società, grazie al gruppo Donne in cammino e agli Istituti Comprensivi Darfo 1 e darfo 2 per averci aiutato a meglio comprendere il significato di questa giornata, grazie al Senatore Paolo Corsini che ha accettato senza esitazione il nostro impegno a fare l’Oratore ufficiale della manifestazione, grazie a Monsignor Tino Clementi Cappellano delle Fiamme Verdi che celebrerà l’Eucarestia, grazie ai Cori della Vallecamonica che hanno voluto fondere in un’unica voce il canto di questo anniversario, grazie alla Banda Cittadina di Darfo per aver accompagnato con la musica questa cerimonia, grazie a tutta la Popolazione intervenuta perché è questo il primo segnale che i valori veri sono ancora presenti in noi e li vogliamo vivere e consolidare. La Resistenza è sempre attuale, questa è la sua valenza, da essa, dal dialogo tra pensieri e da azioni diverse nacque la nostra Costituzione che nei suoi valori fondanti è sempre attuale e viva. La Resistenza è esempio di partecipazione e confronto per il bene comune. I nostri Partigiani ci ricordano che vale la pena spendersi per qualcosa di più alto, di più nobile, la dignità delle persone, la dignità di un Popolo. La celebrazione unitaria di questo settantesimo della Liberazione è perché vogliamo affermare un Paese dal volto civile, democratico, antifascista, antirazzista. Un Paese dalla forte volontà di ritornare ai valori di fondo su cui si basano la nostra convivenza civile e la nostra Costituzione. Viva la Resistenza, Viva la Costituzione, Viva la Repubblica Italiana”.

La parola al Presidente della Comunità Montana e BIM di Vallecamonica, Oliviero valzelli:

“Settant’anni fa il nostro Paese viveva uno dei momenti più alti della nostra storia dopo gli anni di sofferenza, violenza e orrore a cui era sottoposto il nostro popolo. Finalmente si ritornava a vedere la luce in fondo al tunnel grazie alla determinazione, all’impegno e al sacrificio dei tanti che non si sono mai arresi a questa guerra. La Liberazione fu liberazione dall’oppressione, dalla privazione, dalla paura, un momento che riportò pace e serenità a chi aveva ancora negli occhi le tragedie di cui era stato protagonista o testimone. Ma ha ancora senso commemorare e ricordare fatti avvenuti settanta anni fa? La risposta è certamente affermativa, un SI forte! Ricordare sempre perché la storia possa dare lezione di vita, perché gli stessi errori non vengano più compiuti, perché i nostri ragazzi in particolare, che quel tratto di storia non l’hanno vissuta direttamente, possano rendersi conto del privilegio che hanno nel vivere in un Paese senza guerra e senza dittature. Ma cosa significa oggi parlare di Liberazione, come possiamo parlare ai nostri figli, ai nostri nipoti con un linguaggio che abbia ancora senso per loro. Forse bisognerebbe portare alla loro attenzione alcuni aspetti che ancora oggi essi possano trovare nella loro vita quotidiana prendendo alcune parole chiave come: Libertà, Resistenza e Democrazia. La Libertà, era un sogno che si aveva paura persino di esprimere ad alta voce, quale libertà allora possono sognare i nostri giovani, la libertà di essere protagonisti della propria vita, la libertà di prendere in mano le redini del proprio destino, per fare questo è necessario assumere responsabilità da parte di ciascuno di noi e anche di loro, rendersi conto che non possono lasciarsi guidare dall’onda di un movimento, di una moda, di un conformismo che sempre più li livella. Sviluppare la coscienza critica per fare le scelte giuste, per cogliere la verità al di la del vero o dell’ipocrisia che spesso accompagna gli atti ed i fatti della nostra vita. La minaccia più grave della libertà, oggi, è la riduzione della persona umana a soggetto utilitario, è utilitarismo diffuso che ci porta a ragionare in termini di utilità ad ogni costo, calpestando valori, principi, ignorando persino la dignità del nostro prossimo e perdendo di vista la solidarietà e la sostenibilità di un progresso che tale deve essere per tutti. Resistenza, questo grande movimento spontaneo che partiva prima di tutto dal cuore dei giovani di allora, per loro ha significato donare la propria vita, la propria libertà per garantire un futuro di pace e dignità ai propri figli. E oggi si deve e si può ancora parlare di Resistenza ma, resistere a cosa? A una dittatura che nella situazione politica non esiste più? Oggi purtroppo, le dittature che viviamo anche nel nostro Paese sono molto più subdole e si insinuano nei meandri della nostra vita quotidiana. Sono le dittature del denaro, della ricchezza sfrenata, la dittatura della bellezza e della giovinezza ad ogni costo, la dittatura dell’immagine e della fama. Resistenza allora assume oggi un significato nuovo è un riappropriarci dei valori testimoniati anche con la vita dei nostri padri è un ritornare al passato non per rimanere ancorati pervicacemente a un’immagine e a una storia che ormai non ci sono più ma per custodire e trasmettere a chi verrà dopo di noi il dono prezioso che la storia ci ha fatto, il grande insegnamento per la verità e per la libertà ci deve accompagnare sempre. La Democrazia, è un valore per cui settanta anni fa molti Italiani hanno rischiato e purtroppo perso la propria vita, allora la democrazia era un diritto da riconquistare con fatiche e sacrificio, oggi troppo spesso si da per scontata. E’ per questo che in questo giorno così importante per il nostro Paese, la nostra Nazione, parlare di democrazia ai nostri giovani, futuro del nostro Paese, è soprattutto un sottolineare come la democrazia si regga sull’apporto del singolo, come ciascuno di noi non si possa chiamare fuori dall’impegno quotidiano e da una costante ricerca di verità e giustizia. Ciascuno di noi è chiamato ad essere parte attiva un processo politico, economico, sociale e culturale che deve mirare alla pace, alla solidarietà ma, soprattutto al bene comune e alla dignità di ogni individuo senza distinzione alcuna come affermato nell’articolo tre della nostra bella Costituzione. Rinunciare a questo ruolo, significa rinunciare ad essere tassello fondamentale della costruzione di un percorso democratico, significa lasciare spazio a opportunismi, sopraffazione e corruzione. Parlare di questa festa è come aprire un ventaglio di osservazioni e considerazioni che ovviamente non si possono esaurire in queste poche parole però, mi piacerebbe lasciare un’immagine che peraltro stamattina i nostri ragazzi hanno spiegato molto bene  davanti al monumento ai Caduti, gli auguri ai giovani e ai meno giovani di guardare alla nostra società come ad un albero, un albero che affonda le radici nella terra, senza radici non può sorreggersi, senza la terra non può esistere, un albero che ha fronde che si protendono sempre verso l’alto, aperte verso la luce, un albero che può dare frutto, molto frutto, grazie al nutrimento che riceve proprio dalle radici e se ancorato bene al terreno può resistere alle intemperie e  crescere ancora forte e sano. Questo è il nostro augurio! Noi non vogliamo una festa della Liberazione museo ma una festa viva e vitale che rinnovi in noi il senso di orgoglio, di appartenere ad una bella Nazione Libera che ha il diritto di essere libera, forte, solidale, soprattutto aperta al futuro. Viva la Vallecamonica”.

Ci sono delle forme innovative di collaborazione tra le nostre scuole e le amministrazioni comunali a Malonno, Cevo, Cimbergo e Paspardo, sono stati eletti i Sindaci dei Ragazzi che oggi sono presenti alla Festa della Liberazione, a loro nome prende la parola Gabriele Gazzolo:

“Signore e signori buongiorno, in veste di Sindaco del consiglio comunale dei ragazzi di Cimbergo e Paspardo, ringrazio per l’invito il Sindaco di Darfo e tutti gli organizzatori di questa meravigliosa celebrazione nel settantesimo anniversario della Liberazione d’Italia, mi chiamo Gabriele Gazzolo della Classe prima della scuola secondaria di primo grado di Paspardo, in questa occasione sono accompagnato dal Sindaco del consiglio comunale dei ragazzi di Malonno, Laura Moreschi frequentante la scuola secondaria di secondo grado e dalla consigliera Giulia Angeli del consiglio comunale dei ragazzi di Cevo frequentante la seconda della scuola secondaria di primo grado. La nostra presenza in qualità di rappresentanti dei ragazzi è importante perché è testimonianza di come le giovani generazioni debbano mantenere la memoria di quello che è stato il passato affinché possiamo costruire un futuro senza commettere gli stessi errori che sono avvenuti fino a settant’anni fa. Sappiamo che in altri luoghi del Mondo, anche in zone vicine al nostro Paese, guerre, violenze e stragi si ripetono quotidianamente e sappiamo anche che potrebbero essere trasferite in Italia perché nessuna Democrazia è immune alle derive all’egoismo ed alla violenza senza l’impegno concreto per la costruzione di una pace stabile, sappiamo inoltre che l’antidoto migliore a questi eventi è l’educazione e la formazione di noi giovani e il luogo che risponde meglio a queste esigenze è la scuola. Solo con la scuola, l’educazione, l’istruzione e la cultura che essa c’infonde queste future generazioni potranno evitare gli errori del passato. A scuola ci hanno insegnato che dobbiamo leggere studiare e apprezzare la nostra Costituzione principalmente per due motivi: perché è la garante della nostra libertà e della nostra felicità,  perché è stato possibile scriverla grazie ai sacrifici di migliaia di giovani che anche nella Resistenza hanno donato la loro vita per ideali di speranza universale. Il Consiglio Comunale dei Ragazzi di Cimbergo e Paspardo, il 26 gennaio scorso ha organizzato un incontro con la Partigiana Rosi Romelli nata a Rino di Sonico nel 1929. Da quell’incontro, noi alunni abbiamo compreso cosa voglia dire combattere per un’idea per degli ideali, abbiamo capito che la libertà che oggi noi viviamo come se ci fosse dovuta, l’hanno conquistata con sofferenza e sacrificio, uomini e donne che hanno creduto fortemente nel nostro Paese a costo della vita. Esprimendo riconoscenza alla Signora Romelli e agli altri Partigiani e a tutti coloro che si sono battuti per la nostra Democrazia, a nome di noi ragazzi ringrazio di cuore tutti. Buon 25 aprile, Viva l’Italia”.

Ora prende la parola il Portavoce delegato del Coordinamento Giovani di Vallecamonica, un gruppo formato da 15 delegati eletti dai giovani della Vallecamonica come propri rappresentanti all’interno di un progetto della Comunità Montana. Uno strumento attraverso il quale la Comunità cerca di rapportarsi al mondo giovanile. Interviene Paolo Vezzoli:

“Sono Paolo Vezzoli e con me c’è Lucio Laffranchi e ci troviamo qui come rappresentanti di un gruppo di 15 ragazzi eletti qualche mese fa in Vallecamonica. Noi più di chiunque altro abbiamo l’impegnativo compito di avvicinare i giovani alle Istituzioni, questo incarico ci riempie di orgoglio e ci spinge ogni giorno sempre più. Oggi crediamo sia doveroso e giusto rendere onore agli uomini e alle donne che con la lotta ed i loro sacrifici, settant’anni fa liberarono l’Italia dall’oppressione di natura fascista e nazista e donarono a noi generazioni future una società libera e democratica, dove ogni uomo ha pari dignità e può esprimere liberamente il proprio pensiero, dove ogni uomo può vivere libero dall’oppressione e dalla paura che le dittature impongono, dove ognuno può sognare e può aspirare ad un futuro di pace per se e per i propri figli. Da queste considerazioni volevo partire per lanciare un messaggio a tutti i giovani che oggi si trovano a fare i conti con una democrazia in decadenza portatrice di crisi sociali e a volte assassina di sogni, non più capace di esprimere quel sentimento di giustizia sociale da cui è nata. Ricordiamo i pilastri, i forti principi su cui si è creata la nostra bella Costituzione invidiata da tutto il mondo e facciamo in modo che lo stesso spirito accompagni gli amministratori di questo Paese. Noi crediamo che la risposta debba venire ancora da quei sentimenti che ispirarono la Resistenza e crediamo che l’impegno, la passione, la comprensione ci avvicinerà al traguardo, della libertà e della giustizia. Il nostro dovere è quello di vivere all’interno di un sistema democratico, solo così la nostra democrazia può rinascere e ritornare ad essere quella per cui tanti uomini e donne hanno combattuto e regalare a chi verrà dopo di noi un’Italia migliore. Buona festa della Liberazione”.  

Il discorso ufficiale del Senatore Paolo Corsini:

“Prendo la parola con qualche emozione qui al cospetto dei vecchi Partigiani e Partigiane che come ha detto Laura Boldrini, la Presidente della Camera, nell’occasione della celebrazione della Resistenza di fronte alle aule parlamentari, non sono ospiti in questa piazza, sono i padroni di casa. Dicevo con qualche emozione perché prendere la parola a Darfo in Vallecamonica, significa evocare il ruolo di una valle che è stata una delle Capitali della Resistenza italiana, non soltanto bresciana. Siamo qui oggi per ricordare, per richiamare al cuore, come dice la parola, il senso di una straordinaria Epopea. Ma non è sufficiente ricordare anche perché il ricordo vive il rischio della consumazione delle biografie, siamo qui per commemorare e cioè per fare memoria insieme in un luogo pubblico. Il discorso sulla Resistenza è un discorso che richiama impegni e le responsabilità della nostra coscienza ma parimenti deve alimentare l’argomentazione pubblica e la vita civile delle nostre comunità. Perché la Resistenza è all’origine della religione civile del nostro Paese e come tutte le religioni, anch’essa ha le proprie liturgie, i propri riti, ma non siamo qui per imbalsamare la Resistenza o per pronunciare le parole delle retorica, siamo qui per interrogarci, per restituire a noi stessi il senso di un’esperienza che si consuma nell’ambito di una guerra totale che individua come proprio bersaglio strategico le popolazioni civili e si distingue in una guerra terroristica, questo è lo sfondo sul quale nuove generazioni e vecchi antifascisti maturano la loro ribellione, una ribellione che ha anzitutto un fondamento morale e ha una forte alimentazione spirituale, lo dico qui in questa Valle dove esemplari sono state le vite di uomini e donne che si sono immolati in ragione di una motivazione di libertà. E’ la libertà il valore che assegna un significato perenne che non può estinguersi o consumarsi alla Resistenza alla lotta per la Liberazione che fu per il nostro Paese un secondo Risorgimento. C’è certamente questo rimando al precedente della storia italiana, una battaglia contro l’occupante, contro l’invasore, contro il tedesco, contro il nazista e del resto, gli stessi simboli, la stessa terminologia della Resistenza richiama il Risorgimento. Le Brigate Garibaldi, le Bande, ma la Resistenza fu qualche cosa di più di un secondo Risorgimento, fu una guerra di popolo perché consentì un allargamento delle assise sociali, delle basi sociali, sulle quali regge e trova il proprio fondamento l’apparato Istituzionale dello Stato. Giovani e Donne, quelle donne che erano state confinate al ruolo di madri e spose esemplari dal fascismo, trovano la consapevolezza della propria dignità e frutto della Resistenza con la Costituzione sarà un allargamento delle basi sociali del fondamento della Repubblica, il voto alle donne, le donne Partigiane, le donne staffetta e persino le donne combattenti, oltre tremila, poi rispetto al Risorgimento, questo allargamento delle basi sociali, con studenti, operai, lavoratori, professionisti, cioè una partecipazione corale del popolo italiano alla propria liberazione. Sta scritto sulla prima pagina de “Il Ribelle” che la libertà non è il frutto di un dono ma è l’esito di una conquista. La Resistenza fu una guerra di liberazione perché un intero popolo intravide la possibilità del proprio riscatto, la Resistenza fu una guerra civile, non solo perché vide la contrapposizione di italiani e di italiane, ma soprattutto perché fu una guerra tra la Civiltà e l’anticiviltà. Fu una guerra che vide la restituzione della Democrazia come strumento insuperabile di regolazione della convivenza associata contro l’anticiviltà dei cimiteri, dei fili spinati, l’anticiviltà di chi portò il nostro Paese sotto il cono d’ombra del genocidio unico, dell’olocausto, dello sterminio degli Ebrei. Questo fu la Resistenza!Oggi noi dobbiamo interrogarci per il nostro presente e per il nostro futuro perché riflettere sulla Resistenza non significa semplicemente evocare un passato glorioso, richiamare una stagione di speranze, una stagione di sogni, ma richiamare criteri ed elementi di valutazione e di giudizio che vanno al di la della storia e della politica. Che resistono al succedersi dei vinti e dei vincitori. Certo noi, a settant’anni di distanza, possiamo e dobbiamo essere ispirati da un sentimento di Cristiana pietà e di laica commiserazione nei confronti dei Morti, di tutti i Morti. Sappiamo, come ha scritto Italo Calvino nel “Sentiero dei nidi di ragno”che bastava un soffio, un impennamento dell’anima per essere da una parte o dall’altra, ma se questo è vero e se oggi sono sopite le passioni, sono attutite le memorie delle tragedie  che il popolo italiano ha vissuto, resta fermo il criterio di giudizio che non si limita a nutrire pietà per la morte ma, giudica le vite!Come esse furono consumate, come esse furono vissute. Forse tutti ieri sera abbiamo assistito alla proiezione del film, grande capolavoro, su “Roma Città aperta” c’è il Sacerdote che viene fucilato alle spalle e che in una conversazione con  il suo persecutore, un colonnello tedesco, dice – forse è abbastanza facile morire, non è facile decidere come vivere – e questo è il criterio che consente oggi, se viene riconosciuto, la compiuta pacificazione del popolo italiano che tutto insieme si riconosce in quello straordinario patrimonio che è la Costituzione che si identifica nei valori del patriottismo costituzionale come esito della grande stagione costituente della Resistenza. Allora la Resistenza interpella le nostre opere, i nostri giorni. Dicevo, innanzitutto lo spirito della Libertà come qualcosa che non soltanto scaturisce dalla vivida coscienza morale che ciascuno di noi coltiva ma, è connaturato alla stessa dimensione dell’umano, della dimensione del vivere sociale, una libertà che non può essere negletta, trascurata, compressa ma che costituisce la bussola di orientamento. La libertà della parola, la libertà del pensiero, la libertà dalla paura, la libertà dal bisogno, la libertà per … C’è un secondo elemento che dice e suggerisce alla nostra coscienza l’attualità della Resistenza, della lotta di Liberazione, della guerra di popolo, della battaglia per la civiltà ed è il fatto che tutti i combattenti, pur nella diversità delle loro aspirazioni ideali, il Comunista, il Socialista, il Cattolico, il Democratico Cristiano, il Liberale, il Monarchico, i Resistenti nei campi di concentramento della deportazione politica e razziale, i Resistenti nei campi d’internamento i seicentomila militari italiani internati (IMI) che ebbero il coraggio di dire NO, ebbene! C’è un elemento unificante di queste posizioni politiche, di questi orientamenti ideali, ed è la consapevolezza che appartiene alla dignità della persona, la pienezza del diritto, che il diritto ha un fondamento non negoziabile nella dignità della persona in quanto tale e  qui scaturisce il valore della cittadinanza, il diritto della cittadinanza! Infine, c’è un terzo fondamentale significato che possiamo attribuire alla Resistenza, non soltanto come criterio di giudizio che ci consente di rileggere la storia italiana ma, come alimento per il futuro e cioè il fatto che i resistenti erano consapevoli e questa consapevolezza tutti li accomunava che, il fascismo non era semplicemente una tirannide, non era semplicemente un regime oppressivo che aveva estromesso dalla vita pubblica l’articolazione dei partiti delle organizzazioni sindacali, che aveva inviato al giudizio nelle carceri, al confino e all’esilio i suoi oppositori, c’era la consapevolezza che il fascismo era un fenomeno di corruzione della vita pubblica, era un tralignamento della vita dello spirito, era un’alterazione della regola fondamentale della convivenza. Allora, se oggi rendere omaggio ai Partigiani, se celebrare con tutta la ritualità che compete, credo di poter utilizzare questa parola, ritualità non appartiene soltanto alla tradizione degli uomini e delle donne credenti, appartiene anche alla cultura laica. C’è una ritualità in questa dissipazione del costume pubblico cui oggi assistiamo. Se c’è un valore in questa ritualità esso consiste nel fatto che, il metro di misura che ci permette di giudicare il senso della nostra esperienza individuale, collettiva, comunitaria della vita associata, questo metro di misura NON può essere il successo, la remunerazione che cerchiamo non sta nel successo, sta nel riconoscimento del valore al quale noi ci ispiriamo e attraverso il quale regoliamo le nostre pratiche di vita, i nostri comportamenti. Il valore che intendiamo infondere è la restituzione alla politica della sua dignità perché la Resistenza passò, come dire, dalle armi alla politica è qui forse la sua prefigurazione più futura e più profetica. Erano Uomini e Donne che furono costretti ad abbracciare le armi a utilizzare anche l’esercizio della lotta armata cioè, diciamola pure questa parola, della violenza, di quella  violenza che gli italiani avevano subito nelle politiche di sterminio e delle stragi contro le popolazioni civili, esercitate dai nazifascisti dal 1943 al 1945 ma, la Resistenza ha un valore che trascende la dimensione nazionale, non solo perché ci fu una Resistenza italiana ma un grande movimento di Resistenza Europeo, ma perché prefigurò un tempo nel quale le armi non avrebbero più avuto cittadinanza, come recita la Costituzione e la Resistenza prefigurò un mondo di pace, un mondo solidale e conciliato. Queste sono le ragioni per le quali ancora noi oggi siamo abilitati, siamo in grado di riconoscere la nostra coerenza, siamo abilitati a ripetere le parole che rimandano il significato quasi trascendentale della Resistenza, le parole di uno dei maggiori interpreti della lotta i Liberazione, – Ora e sempre Resistenza – Viva l’Italia, Viva la lotta di Liberazione.

Il Cappellano delle Fiamme Verdi Monsignor Tino Clementi celebra la Santa Messa, nella sua omelia ha detto, tra l’altro:

“… resistete agli assalti nella fede, sapendo che le medesime sofferenze sono imposte ai vostri fratelli sparsi per il Mondo. Il Vangelo ci parla di un Dio provvidente, di un Dio creatore, di un Dio che si lascia anche crocifiggere pur di dare a noi la vita, di essere risorto per stare con noi, è il Dio della vita! Ma, c’è il nemico di Dio, è il nemico dell’umanità, è per la sua iniquità che è entrata la morte con tutti i disastri che la storia ha annoverato, iniquità che ci sono e che ci fanno sanguinare. Resistete saldi nella fede, sempre Gesù diceva che quanti crederanno in lui, nel suo nome scacceranno i demoni. Mi piace pensare i nostri Partigiani semplici, giovanili, entusiasti, hanno scacciato i demoni, hanno lasciato spazio al Dio della libertà e della vita. A noi ora continuare questo impegno.

Mi permetto di salutare tutti, innanzitutto i Partigiani che sono ancora presenti e che hanno scritto questo pezzo di storia e lo conservo nel cuore. Le autorità, i cittadini di Darfo Boario Terme e le tante persone qui convenute. Mi permetto di dire ancora questo. Su tutto quello che è stato detto, un raggio di speranza, l’albero della Liberazione ha conosciuto, tanta violenza, tanti rami sono stati strappati, però oggi questa convocazione unitaria dice che l’albero è ancora vivo, sta a noi appartenere a questa comunità perché quando la Valle ha espresso qualcosa di valido non è stato quando ci siamo divisi nei nostri vari ambiti ma, quando insieme abbiamo condiviso gli ideali più belli e abbiamo lavorato per il bene non di qualcuno ma di tutti …” 

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