Almici, don Giuseppe
Difensore strenuo delle caratteristiche originarie e autentiche del movimento cattolico, don Giuseppe Almici divenne ben presto uno dei riferimenti della Resistenza bresciana, trasformando la sua casa e la sede dell’Azione cattolica da lui guidata in luoghi chiave del ribellismo partigiano.
Nato nel 1904, fu ordinato sacerdote a 24 anni dal vescovo Giacinto Gaggia. La sua attività pastorale ebbe inizio a Carrodiponte. Nominato, nel 1937, insegnante pastorale nel seminario bresciano, assunse, nello stesso periodo, la guida dell’Azione cattolica, che trasformò in un centro di resistenza morale al regime fascista, ormai sempre più oppressivo verso le libertà individuali e quelle delle associazioni cattoliche. Dopo l’8 settembre svolse un ruolo di rilievo anche nel definire, dal punto di vista dottrinale e teorico, il ruolo dei cattolici nel movimento partigiano, scrivendo, in collaborazione con don Giacomo Vender e padre Luigi Rinaldini, il noto Manifesto della Resistenza cattolica.
Si spese molto, mettendo a repentaglio la sua stessa incolumità, per evitare rappresaglie e violenze durante i giorni terribili e drammatici della liberazione della città.
Nel dopoguerra il suo impegno non solo non si spense, ma, anzi, lo vide ancora più attivo nella ricostruzione morale e sociale di Brescia. Operò ancora nell’ambito dell’Azione cattolica ma stimolò anche la nascita delle Acli e della Cisl.
Dal 1961, poi, fu vescovo ausiliare di Brescia lavorando accanto a monsignor Tredici. Partecipò a tutti i lavori del Concilio vaticano II e, nel 1965, fu nominato vescovo di Alessandria.
Nel 1980 si ritirò a Zone dove attese la morte che la colse nel 1985 a Brescia.