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Uno striscione che indigna e che preoccupa

L’Associazione “Fiamme Verdi” di Brescia e la Federazione Italiana Volontari della Libertà esprimono la propria indignazione per il vergognoso striscione esposto oggi, 10 marzo, all’esterno dell’Istituto “Mantegna” di Brescia, presso il quale si stava svolgendo un convegno organizzato dalla Commissione Scuola dell’ANPI con la collaborazione delle Associazioni della Memoria e delle Istituzioni territoriali.

L’insulto scritto sullo striscione qualifica solo gli autori del gesto, non certo i destinatari; tuttavia, non è possibile tacere. Questa volgare provocazione è l’ennesimo tentativo di alzare i toni, cercare visibilità e consenso intorno a folli idee revisioniste che, anche in passato, hanno tentato di riscrivere la storia, negando e violentando le radici antifasciste della Repubblica e della Costituzione.

Non ci sono riusciti allora, non riusciranno nemmeno stavolta.

Ma la serie continua di episodi come questo non può essere considerata causale: dietro ogni gesto si nasconde un disegno, una volontà di istigazione, un desiderio di dileggio, una ricerca dello scontro.

È una strategia che non ha nulla a che fare con la libera espressione del pensiero. È un comportamento irresponsabile e inaccettabile, che va respinto e combattuto con gli strumenti della partecipazione democratica e della nonviolenza. All’indignazione deve seguire l’impegno corale di tutte e tutti coloro che hanno a cuore la Repubblica e i suoi valori fondanti, nati dall’esperienza storica della Resistenza.

Istituzioni, Scuola, Associazioni, Partiti, Sindacati, Cittadine e Cittadini sono e devono essere la diga morale al proliferare di questo strisciante fascismo, camuffato da libertà di pensiero ma permeato da nostalgie antidemocratiche, violente e potenzialmente eversive, che il nostro paese e la città di Brescia hanno già conosciuto e pagato a caro prezzo nel passato.

Non cediamo all’intimidazione, non cadiamo nella provocazione: ribadiamo, con l’impegno di ogni giorno, la gratitudine verso le donne e gli uomini che ci hanno donato, insieme alla loro vita, la Libertà.

 

Alvaro Peli, Presidente Associazione “Fiamme Verdi” Brescia

 

Roberto Tagliani, Presidente Federazione Italiana Volontari della Libertà

 

Brescia, 10 marzo 2023

Documento8

Anna Steiner a Breno per la Giornata della Memoria

Anna Steiner

Anna Steiner a Breno

In occasione della Giornata della Memoria 2023, la Commissione Scuola e Cultura “Ermes Gatti” – composta dalle Associazioni ANPI, Fiamme Verdi, ANEI ed Ecomuseo della Resistenza in Mortirolo – ha organizzato due incontri con Anna Steiner, pronipote di Giacomo Matteotti, parlamentare socialista barbaramente assassinato dai fascisti nel 1924 con il placet di Benito Mussolini.

Il primo incontro si è svolto la sera del 24 gennaio presso la Sala Casa della Cultura di Breno, aperto alla partecipazione del pubblico. Il secondo, la mattina del 25, al Cinema Teatro Giardino, durante il quale Anna Steiner ha incontrato 350 studenti del Liceo Golgi.

Gli argomenti trattati hanno riguardato la violenza con la quale Mussolini è salito al potere, le persecuzioni contro gli antifascisti, la soppressione dei partiti, delle associazioni, dei sindacati. Una violenza manifestata fin dall’inizio dell’era fascista e proseguita con le stragi in Libia, le guerre ed i crimini contro le popolazioni in Etiopia, in Spagna, fino all’approvazione delle leggi razziste del 1938, la caccia agli ebrei la deportazione e la loro eliminazione.

La famiglia di Anna Steiner ha sofferto della persecuzione nazifascista, il padre e due cugini sono stati vittime della strage di Meina (sulla sponda piemontese del Lago Maggiore), uno zio è morto in campo di sterminio, i più fortunati sono dovuti espatriare.

* * * * *

Di seguito trascriviamo nel modo più fedele possibile l’appassionante testimonianza di Anna Steiner, che ringraziamo di cuore per la sua disponibilità.

Buonasera a tutti, grazie infinite di questo invito per me prezioso. Voglio subito dire che entrando in quest’aula e vedendo quel quadro di Giacomo Matteotti, mi sono commossa, viene da una fotografia pensavo di mostrarvi non sapendo che l’avrei trovata ingrandita ed incorniciata. Racconterò la mia storia che penso sia un po’ la storia di tutti, penso sia importante proprio perché è la storia di tutti. La prima immagine che vi mostro è proprio la fotografia sotto la quale, una scritta a mano dice – foto di Giacomo Matteotti regalata dalla moglie Velia alla Sorella Fosca – . Fosca era la mia nonna, mamma di mio padre e sorella della moglie di Matteotti. Io ho conosciuto la mia nonna che è mancata quando io avevo 10 anni, la ricordo molto bene e devo dire che aveva un carattere molto mite, disponibile e debbo dire di non avere mai ricevuto da lei un messaggio di odio o vendicativo. Ho capito benissimo che la sua vita era stata più che segnata, massacrata! Perché il cognato che amava molto, marito di sua sorella con la quale era molto vicina, c’erano solo due anni tra di loro, era stato ucciso come voi sapete nel 1924 e tutta la famiglia si era trovata sotto stretto controllo del regime. La nonna poi perse il figlio primogenito, fratello di mio padre, in campo di sterminio perché, mentre mio padre aveva solo 11 anni quando hanno ucciso lo zio Giacomo, suo fratello ne aveva già quasi 16. Quindi aveva capito, più ancora di quanto avesse capito mio padre, che cosa era successo, è diventato, finite le scuole superiori e l’università, un avvocato, esercitando la sua professione per difendere i diritti violati sistematicamente dal regime; scrisse testi contro il regime. A seguito di una delazione (spiata, naturalmente ben pagata), mentre camminava in centro è stato fermato e incarcerato a Fossoli che era un campo italiano di smistamento, da Fossoli a Mauthausen poi ad Ebensee dove morì nel febbraio del 1945.

La nonna quindi, aveva avuto la vita massacrata! Prima dalla morte del cognato e poi da tutto quello che questo aveva comportato e alla fine della guerra quando sperava di riprendere una vita normale, purtroppo non tornò il figlio maggiore.

Diciamo che, io ho respirato nell’aria di famiglia, non tanto la tragedia, che pure nel tempo ho capito di che entità fosse ma, diciamo che ho respirato un’aria, sempre, di grande dignità. Mai di vittimismo e mai di tipo passivo (è successo, mettiamoci una pietra sopra! Ma mai neanche, vendichiamoci!). È successo ma non deve succedere più. Questo è stato un messaggio chiarissimo, fin da quando ero piccola.

Nella foto vedete mio padre vestito tutto di bianco, la nonna come dicevo proveniva da una famiglia cattolica e in quel giorno mio padre faceva la prima comunione. In quel giorno di festa avrebbe dovuto esserci anche lo zio Giacomo che però, non arriva. Per questo mio padre, scelse quella foto e la mise vicina agli appunti che lui aveva scritto per ricordare quegli anni, dove sostanzialmente ricorda proprio quella giornata. Vicino c’è riprodotto in piccolo il disegno di un faccione con scritto abbasso Mussolini gran capo degli assassini, con la firma -Albe 1924-. (il nome Albe è semplicemente l’abbreviazione di Alberto). In famiglia abbiamo sempre usato dei vezzeggiativi per indicare i nomi, mio papà ha mantenuto questo nome anche da adulto nel lavoro che ha svolto di Grafico e Art Director. Questo disegno lo appese nell’atrio di casa, naturalmente venne immediatamente redarguito dal portiere e poi dai genitori che gli hanno spiegato che non poteva assolutamente permettersi di fare disegni di questo tipo e soprattutto di esprimersi in quel modo. Quindi lui, quando è stato, nel 1972 chiamato dall’editore Einaudi per fare una monografia su di sé, aveva detto, se racconto una storia, la storia può servire. Aveva iniziato dicendo -L a mia storia di grafico la devo far iniziare con quel disegno -, che lui chiamava faccione di Mussolini, e scrisse, – quello fu il mio primo cartello stradale -. Poi fece tanti altri manifesti ma quello fu il suo primo cartello.

Nella fotografia che vi mostro, sono raffigurati i funerali di Matteotti. Vediamo questo signore con i baffi: è mio nonno il papà di mio papà, insieme al fratello della nonna Tita Ruffo che fu anche un grande cantante, un baritono e anche lui essendo fratello della moglie di Giacomo Matteotti, dovette espatriare e tutta la sua fortuna come cantante d’opera la fece in America Latina, la sua vita, la sua carriera dovette svilupparla lontano dall’Italia. Il nonno e lo zio insieme ad altri due che si notano meno, molto giovani, ragazzini, sono i rispettivi figli, dietro al nonno c’è mio padre e l’altro è il figlio di Tita Ruffo, portano la bara dell’Onorevole Giacomo Matteotti. È chiaro che quel funerale, tutti i libri di storia lo dicono, fu un funerale molto importante e partecipato. Mussolini inizialmente non voleva restituire il cadavere. In famiglia si diceva che a rivendicare il cadavere, trovato un mese dopo l’assassinio e riconosciuto come quello di Matteotti, fosse andata da Mussolini una delle due sorelle (Nella) di Velia fingendosi la moglie. Questa zia Nella avevo una figlia nata nel 1924, Laura (cugina di mio padre) che è proprio mancata due giorni fa, è stata insignita dell’Ambrogino d’oro, anche lei giovanissima diciottenne decise di passare alla Resistenza, molto coraggiosamente fece la sua parte, la ricordo perché il suo funerale sarà proprio questo 25 gennaio 2023 ed io purtroppo non potrò partecipare perché sono qui con voi. Soltanto un inserto ma ha il suo valore. La sua parte la cugina Laura la fece giovanissima così come la fecero mio padre e suo fratello. Naturalmente dal 1924 all’inizio della Resistenza che data dal settembre 1943 sono passati quasi vent’anni dall’evento del fascismo e i miei genitori, mio padre ha conosciuto mia madre nel 1937, si sposeranno nel marzo del 1938 e nel mese di novembre di quell’anno saranno varate le leggi razziali.

Mia madre sapeva benissimo i rischi che correva la sua famiglia, pur non essendo stata educata con la religione ebraica, il padre non rinunciò mai alla sua religione ma non volle mai imporre la sua religione ebraica alla moglie (mia nonna materna) che era cattolica, per cui decisero di fare un matrimonio civile (una novità alla fine del 1800) ed hanno educato i propri figli (4) alla conoscenza e al rispetto di tutte le religioni per metterli nella condizione di scegliere quando sarebbero stati maggiorenni. Mia madre sapeva bene i rischi che avrebbero corso suo padre, lei e i suoi fratelli perché figli di padre ebreo, anche se, non so se sapete, la discendenza ebraica passa per parte di madre. Quindi, in realtà se fosse stata rispettata non avrebbero avuto conseguenze ma, nella realtà ne hanno avute perché il fratello minore di mia madre iscritto al Politecnico a ingegneria navale era al secondo anno e quando vennero approvate le leggi razziali fu espulso, come tutti gli ebrei che frequentavano le scuole pubbliche di ogni ordine e grado, finì i suoi studi a Londra e poi in Canada, come si diceva allora, oltre oceano. Gli altri suoi fratelli, per sicurezza furono mandati molto presto in giro per il mondo e approdarono in Messico dove formarono famiglia e vissero tutta la vita. Io sono nata lì perché finita la guerra, i miei genitori, hanno giustamente pensato di riunire la famiglia. La nonna era rimasta vedova, non avrebbe mai saputo come era stato ucciso suo marito (nella strage di Meina) e i miei genitori hanno pensato che lei da sola non avrebbe affrontato un viaggio in nave, allora l’aereo era troppo costoso, quindi hanno deciso di accompagnarla a Città del Messico dove vissero per due anni e io sono nata la, tornarono per votare alle prime elezioni libere nel 1948. Questa è la storia iniziale della mia famiglia, quella del periodo più legato al giorno della memoria.

Voglio dirvi che anche dalla mia nonna materna non ho mai avuto nessun messaggio di carattere vendicativo. In casa della mia nonna materna c’era molto di più perché in questa casa, dove le S.S. sono penetrate di notte e hanno prelevato mio nonno e i miei cugini; in questa casa ci sono stati molti passaggi, si trovava in un piccolo paese e quindi tutti si conoscono, in più in quel paese pochi erano i villeggianti e noi eravamo tra quei pochi e quindi, quando andavo in vacanza lì parlando con la nonna e con i bambini del paese che conoscevo tutti, con cui giocavo, poi sono diventati ragazzi e ci passavo parecchio del mio tempo, a volte si arrivava a toccare questo argomento e io capivo che c’era chi ha denunciato il fatto che c’era mio nonno ebreo in quella casa. In paese viveva ancora chi lo aveva fatto, così come c’era ancora chi aveva aiutato. Per esempio mia mamma, quando aveva saputo di questa aggressione delle S.S. in casa, era a Milano, faceva la staffetta tra Milano e l’Ossola. Quando arrivò a Mergozzo da Milano con treno, una signora la fermò e le disse -Lica, non andare a casa…- perché a casa c’erano le S.S. -… fermati da me, io ti tengo in casa, poi dormire anche da me …-, questa signora che pur avendo vissuto molto ora non c’è più, mi raccontava sempre -… Io ho ospitato la tua mamma. Sai che mio marito mi diceva… Ma cosa fai? Guarda che loro possono anche bruciare la nostra casa per questa ospitalità. Io ho risposto a mio marito … Vale di più una persona che la casa … – Chi aveva scelto di aiutare, perché sembrava giusto aiutare, anche perché mio nonno era un uomo giusto, era un villeggiante e per il fatto di essere ebreo non si capiva perché dovesse essere arrestato. Ma nel contempo c’era anche chi aveva denunciato e da questa denuncia aveva tratto dei vantaggi. Mia nonna faceva dei cenni rispetto a chi aveva denunciato, per esempio mi aveva sempre detto – … In quel bar non entrare, perché non si sono comportati bene … – Ma tutto finiva lì. Questo per dire che il messaggio che mi è stato passato, dico io posso essere testimone tutte le volte che mi chiamano come testimone dei testimoni, a questo tipo di racconto; il messaggio che vorrei far passare è che si sceglie sempre da che parte stare, ed è facile scegliere secondo coscienza, certamente può essere difficile se prevalgono gli interessi, a volte interessi meschini, a volte interessi più significativi ma certo contrari ad una coscienza civile, ad una coscienza che capisce cosa è giusto e cosa no.

Mio padre in questa lettera racconta di tutta la famiglia, dei cugini perseguitati, sia della famiglia di mia madre che la sua stessa famiglia. Non voglio leggerla tutta, ma ho voluto portare la lettera come documento e vi voglio dire di una parte di questa lettera dove scrive esplicitamente – … Nel caso …, questa lettera sarà il mio testamento- l’ha poi riprodotta scritta a macchina perché era chiaro già fin da allora che intendeva conservare in un documento storico, quello che era successo.

In questa foto vediamo un piccolo busto di Matteotti che è sempre rimasto in casa, piccolo, un po’ più piccolo di una bottiglietta d’acqua. Su questo busto che è stato sempre sulla libreria in casa, ed anche ora in casa mia, c’è una incisione che dice -questo bustino fu custodito attraverso tante lotte e tanti sacrifici da Roberto Forti … il quale oggi 24 giugno 1939 lo dona ad Albert Steiner perché fedele alla memoria dello zio-, ve l’ho voluto mostrare perché evidentemente, questo per me è stata una testimonianza fuori dalla famiglia che mi ha fatto capire che i ricordi, avuti da mio padre non solo al compimento del mio 21º compleanno erano vissuti come ricordi personali. Questo busto conservato da Roberto Forti che non ho mai conosciuto, credo sia morto molto presto, che aveva aiutato e assistito Velia la moglie di Giacomo Matteotti, in tutte le sue vicende anche di carattere legale che ha dovuto assumere, dopo la morte del marito, anche per proteggere la famiglia anche dal punto di vista del patrimonio, aveva tre figli piccoli, lei era pittrice ma come in tutte le famiglie borghesi non lavorava in modo sistematico. Tutti hanno cercato di aiutare ma era molto difficile. Questo Forti, avvocato ha fiancheggiato la famiglia dal punto di vista legale, rischiando molto e soffrendo molto, tant’è che è morto molto presto. Chiuderei con la foto di questa lapide che a Mergozzo (Comune nella Provincia di Verbano Cusio Ossola) nel piccolo cimitero di questo paese dove i miei genitori hanno fatto insieme la Resistenza, mia madre staffetta, mio padre commissario politico di una brigata Garibaldina. Mio padre durante gli ultimi anni della sua vita, un po’ scherzosamente e un po’ no, ha… se muoio non voglio una lapide con scritto artista, grafico ecc. voglio solo una pietra grezza dove ho fatto la Resistenza in quel territorio, con scritto solo Partigiano- e diceva sempre -perché questa è la cosa più importante che ho fatto nella vita-.

[…]

Un piccolo ricordo di mia madre, mia madre per fortuna ha vissuto molto di più di mio padre e ha dedicato gran parte della sua vita alla memoria, sempre raccontando del lavoro di mio padre come se fosse solo di mio padre, nella realtà hanno lavorato insieme tutta la vita. L’ultimo libro che io ho voluto pubblicare anche come catalogo di una mostra che ho curato a Milano l’ho voluto intitolare-LICALBE- il nome Lica, lo volevo dire perché un nome curioso deriva dal nome ebraico Masal che in italiano sarebbe Matilde Maria, lei all’anagrafe nel 1914, visto che non si potevano dare nomi stranieri in Italia, è Matilde Maria Covo (il cognome originario di mia madre). In realtà i nonni avrebbero voluto chiamarla Masal il cui diminutivo è Masalica – Lica fin da piccola, e così è rimasta Lica. Nel ricordo che ho voluto mettere accanto il direttore editoriale di Einaudi, vedete in alto il simbolo dello struzzo, che volle rimandare al mito dei ricordi di mia madre al Politecnico e parla del gruppo che si riunisce dopo la Resistenza per fare memoria e dice -a tutti noi rappresentava l’Utopia-. Mi piaceva molto questo ricordo, aveva sempre questo pensiero lieve. Utopia è il titolo di una rivista alla quale hanno collaborato, graficamente e non solo, i miei genitori era importantissima. È quella che ha consentito di vincere perché purtroppo il giorno della memoria sembra sempre il ricordo delle vittime. Di fatto, lo è anche! Ma, così secondo me ci offusca il ricordo della vittoria del pensiero libero contro la barbarie del nazifascismo. Con tanta disparità di mezzi hanno vinto i Partigiani. Ha vinto il pensiero libero! E oggi che c’è tanto scetticismo, ci sembra impossibile che possa vincere la Democrazia; perché c’è tanta corruzione, c’è una situazione difficile non solo economicamente, anche socialmente, ma sono comunque situazioni migliori di quelle di allora. Oggi a maggior ragione può vincere pensiero libero. Noi dobbiamo ricordare la vittoria non solo le vittime.

[…]

Un pensiero fatto per il museo al deportato politico e razziale che è a Carpi, dove si dice che appunto, – …la dottrina da cui i campi sono scaturiti è molto semplice perciò molto pericolosa, ogni straniero ed ogni nemico deve essere soppresso ed è straniero chiunque venga sentito come diverso per lingua, religione, aspetto, costume, idea-. Questa dottrina ha portato nel giro di pochi anni a milioni di vittime, è un segno infausto, il segno che quasi parassita del senno umano, accanto al bisogno dell’amore s’annida il segno dell’intolleranza. Questo secondo me è un testo che spiega tutto, perché in effetti ciascuno di noi ha degli istinti, se viene colpito in qualche modo a delle reazioni immediate, è normale, c’è in noi un istinto intollerante, non tolleri quell’offesa e agisci, c’è anche del giusto. Però accanto a questo istinto c’è anche quello delle leggi dell’amore, dell’avvicinarti istintivamente e poi dominare l’uno o l’altro a seconda delle condizioni.

Vi mostro questa fotografia che fa parte di una trentina di fotografie mandate dalle S.S. di stanza a Varsavia, che le hanno fatte e trasmesse a Berlino. Sono fatte dalle SS locali che dovevano rispondere del loro operato ai capi. Quindi per la prima volta o una delle poche volte oltre al dattiloscritto che dovevano sistematicamente mandare relativo al loro lavoro di S.S., documentano quello che hanno fatto e decidono di farlo anche con fotografie. Questa fotografia fa parte di quello che viene chiamato rapporto (?) perché il responsabile di quelle S.S. si chiamava (?) E quindi questa è una di quelle foto, che i miei genitori avevano recuperato in una loro ricerca per documentare quello che era successo nei campi. Da questa foto, mio padre e mia madre decidono di ricavare il dettaglio di quel bambino che viene pubblicato in copertina di un libro del 1960 a 15 anni dalla Liberazione – Pensaci, Uomo! A cura di Pietro Caleffi e Albe Steiner. Feltrinelli Editore. Il bimbo del ghetto è un simbolo di tutti i deboli. – Quel libro viene dedicato: agli indifferenti che pensano che i comportamenti umani siano tutti equivalenti, quando invece è necessario distinguere e scegliere se siamo uomini o no; agli increduli cui bisogna dare la più rigorosa documentazione che li induca a prendere consapevolezza; agli apolitici cui urge far arrivare il messaggio che è solo sulla somma di tante azioni che possono fondarsi le basi di una diversa convivenza umana. A me è sembrata una dedica di tale attualità da colpirmi e quindi ho chiesto a Feltrinelli di ristampare questo libro, è stato ristampato nel 2012 e sono molto contenta, purtroppo è poco diffuso. Il testo è stato scelto da un amico del fratello di mio papà che è sopravvissuto al campo di Mauthausen, aveva conosciuto nel sottocampo di Ebensee mio zio. Le fotografie pubblicate su questo libro sono state recuperate in tutta Europa, sono 186 selezionate tra le centinaia raccolte. Io lo raccomando molto costa solo pochi euro (9,50), però il testo è straordinario, spiega la struttura dei campi in modo molto semplice. È breve di testo ed è soprattutto un libro fotografico. Per rispondere alla domanda impegnativa che mi ha fatto Alessandra, qui c’è una pagina del Corriere della Sera di qualche anno fa dove il bambino del ghetto viene chiamato un’icona sequestrata, dice -l’uso ossessivo e questa immagine- ha stravolto il significato della foto. Il dettaglio scelto dai miei genitori (quell’icona) è stato utilizzato in più occasioni e in più modi, è sempre lui ma, dice uno storico francese -conosciamo questa immagine, conosciamo quel bambino, la fotografia del ghetto di Varsavia è diventata l’icona della Shoah, un oggetto nomade che è entrato nella memoria occidentale per più di sessant’anni- ma com’è nata questa fotografia che è simbolo dell’Olocausto? È ancora in grado di parlarci? O la guardiamo senza più vederla? Io lascio aperta la domanda però ogni volta rispondo, io sono convinta che la scelta di quel bambino, da parte dei miei genitori, senz’altro con il contributo di un ex deportato, sopravvissuto che aveva vissuto sulla sua pelle, è stata una scelta molto difficile, ma voluta perché credo che voglia dire che dobbiamo pensare a quel bambino non tanto come un bambino ebreo ma come un debole, che siano bambini, che siano omosessuali, o Rom, o Sinti, o comunque deboli perché per esempio handicappati. Mentre in copertina in forma simbolica si rappresenta un bambino con le mani alzate è come un richiamo alla riflessione, infatti sopra c’è scritto con molta forza: Pensaci Uomo. Quello è un bambino e tu che sei un uomo pensaci! Secondo me il valore di quest’immagine resta anche se ossessivamente ripetuta, può sembrare superata. Io credo che il suo valore ce l’abbia tuttora. Come vedete, non solo le immagini sono considerate dai miei genitori, qui i miei genitori decidono di inquadrare il guadagno dello sfruttamento dei detenuti nei campi di concentramento effettuato dalle S.S. questo è un documento pubblicato che è stato trovato tra i documenti che sono emersi dalle segreterie dei campi. Perché i campi avevano delle loro segreterie che conteggiava non solo i detenuti ma, in definitiva il guadagno ricavato dal loro sfruttamento e quanto costavano i detenuti e quello che si poteva risparmiare riducendo le razioni del vitto, quanto era il reddito ricavato dalla sottrazione degli effetti personali, quanto costava lo smaltimento del cadavere e altro ancora. Un dettagliato esempio di macabra contabilità della merce umana”. Spero di aver risposto con chiarezza alla domanda postami. Grazie.

A cura di Luigi Mastaglia

 

Alcune immagini degli incontri:

A Laveno di Lozio, ricordando Giacomo Cappellini

Il 21 gennaio 1945 a Laveno, frazione del comune di Lozio, è avvenuta la tragica cattura di Giacomo Cappellini, comandante del gruppo C8 della Divisione Fiamme Verdi “Tito Speri”. Dopo essere stato ferito in uno scontro a fuoco con i fascisti, Cappellini fu catturato mentre copriva la fuga del compagno Carlo Sandrinelli (Camara), che – seppure ferito – riusciva a sganciarsi, evitando il fermo.

Nel tempo intercorso tra la cattura (21 gennaio) e l’uccisione (il 24 marzo), a Cappellini furono inflitte innumerevoli torture, con l’intento di estorcere informazioni utili per la cattura dei suoi uomini e per colpire i gruppi di “Ribelli per Amore” che combattevano sui monti della Vallecamonica.

Ma a nulla valsero le torture, le minacce e le subdole promesse: Giacomo Cappellini, fedele ai suoi ideali, sacrificò la giovane vita per donarci un’Italia migliore.

In data 9 ottobre 1946 a Giacomo Cappellini è stata assegnata la Medaglia d’Oro al valor militare alla Memoria, nella cui motivazione si legge:

Modesto maestro elementare in un villaggio valligiano all’inizio della lotta contro l’oppressore nazifascista, abbandonò la sua missione per organizzare una delle prime formazioni partigiane in Valcamonica, con cui per 17 mesi condivise i rischi e la durezza della lotta. In una imboscata tesa dal nemico, fece scudo di sé stesso ad un suo partigiano attirando su di sé la reazione avversaria. Ferito al viso e a una spalla, cessò di far fuoco solo quando la sua arma divenne inerte per inceppamento; catturato sopportò per due mesi durissimo carcere, continui martirii e inumane sevizie, chiuso nel suo sdegnoso silenzio, senza nulla svelare che potesse danneggiare la causa per cui combatteva fu sordo alle lusinghe di aver salva la vita se avesse indotto i suoi uomini alla resa e a ogni nuova tortura che il nemico rabbioso di infliggeva, rispondeva sorridendo che i partigiani non sono dei vili. Stroncato dalle sevizie barbaramente inflittegli, esalava l’ultimo respiro gridando Viva l’Italia.

Per ricordare e onorare la figura del Comandante, le Associazioni Fiamme Verdi-ANPI-ANEI di Valle Camonica insieme al Comitato Permanente per la celebrazione del 25 Aprile hanno organizzato un incontro presso il cippo commemorativo in località Bratarì.

Alle 11 Stefano Sandrinelli (Figlio di Camara) ha aperto la cerimonia; hanno preso poi la parola il sindaco di Lozio Francesco Regazzoli, Giacomo Cappellini (nipote del Comandante), il sindaco di Cerveno Marzia Romano.

La posa di un omaggio floreale davanti al cippo che ricorda la cattura, l’Inno d’Italia, Bella Ciao ed il Silenzio hanno concluso il raduno.

Di seguito alcune immagini della cerimonia:

La FIVL condanna le violenze golpiste in Brasile

Riceviamo e volentieri riproponiamo il comunicato della Federazione sulle violenze antidemocratiche di Brasilia:

https://www.fivl.eu/2023/01/09/la-fivl-condanna-le-violenze-golpiste-in-brasile/

Roberto Tagliani è il nuovo presidente nazionale F.I.V.L.

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Roberto Tagliani con il Medagliere F.I.V.L.

Con l’avvio del 2023 la F.I.V.L. – Federazione Italiana Volontari della Libertà – insedia un nuovo presidente nazionale, eletto dal Consiglio Federale lo scorso 26 novembre a Milano. Si tratta del prof. Roberto Tagliani, 48 anni, bresciano, docente di Filologia e linguistica romanza all’Università Statale di Milano, già vicepresidente uscente e componente del direttivo provinciale dell’Associazione “Fiamme Verdi” di Brescia.

Fondata il 22 marzo 1948 a Milano e riconosciuta come Ente Morale, la F.I.V.L. riunisce 28 associazioni partigiane che si ispirano all’esperienza storica delle divisioni autonome della Resistenza di estrazione cattolica, liberale, azionista, socialista e apartitica che durante la Guerra di Liberazione operarono nell’intero centro-nord Italia. A memoria della Resistenza militare fa inoltre parte della Federazione l’Associazione Nazionale “Divisione Acqui”. Tra i suoi fondatori si annoverano personalità del calibro di Raffaele Cadorna, Enrico Mattei, Mario Argenton, Paolo Emilio Taviani, Enrico Martini Mauri.

Roberto Tagliani è l’undicesimo presidente della F.I.V.L., il secondo bresciano dopo Ermes Gatti, storica figura delle “Fiamme Verdi” bresciane, che fu presidente nei mesi immediatamente precedenti alla sua scomparsa (giugno-dicembre 2008); succede nella carica al prof. Francesco Tessarolo, presidente dal 2016 al 2022.

Insieme a Tagliani è stata eletta la nuova giunta, composta dai vicepresidenti Paolo Rossetti (Omegna) e Roberto Tirelli (Udine) e dai consiglieri Claudia Bergia (Cuneo), Francesco Binotto (Vicenza), Gianfranco Cagnasso (Savona), Andrea Giannasi (Lucca), Marco Miconi (Pavia), Lino Pogliani (Senago), Francesco Tessarolo (Bassano del Grappa), Claudio Toninel (Verona) e Attilio Ubaldi (Parma). I nuovi organismi entrano in carica nel 75° anniversario dell’entrata in vigore della Costituzione e nel 75° di fondazione della F.I.V.L.

Lungi dalle mere celebrazioni, i nuovi organismi hanno voluto darsi un preciso progetto operativo:

Con il Consiglio Federale – dichiara il presidente Tagliani – abbiamo individuato tre temi che caratterizzeranno il mio mandato e quello della Giunta. Il primo è l’attenzione alla conoscenza e alla memoria della Resistenza, rivolta in particolare alla sua formidabile sintesi di slancio unitario e pluralità di pensieri, territori, esperienze, vicende politiche, militari e umane. Il secondo è la centralità dell’antifascismo costituzionale, che si ripropone giorno dopo giorno nel sostegno e nell’attuazione dei principi e valori costituzionali, autentico faro per leggere ed elaborare le complessità della società contemporanea. Il terzo è la grande attenzione all’universo dei giovani e della scuola, cui intendiamo rivolgere in via prioritaria la nostra azione di testimonianza e divulgazione della storia fondativa della nostra Repubblica, pronti, al tempo stesso, ad ascoltare, conoscere e recepire sensibilità, necessità, ansie, proposte e propositi di rinnovamento.

A Tagliani e alla nuova Giunta i migliori auguri di buon lavoro da parte di tutte le Fiamme Verdi!

Una foto di gruppo del Consiglio Federale che ha eletto Tagliani e la nuova Giunta F.I.V.L.

Il Consiglio Federale che ha eletto Tagliani e la nuova Giunta F.I.V.L.

Tesseramento 2023

Tessera 2023

Lovere ricorda i 13 Martiri

Nel 79º anniversario della fucilazione, avvenuta il 22 dicembre 1943, domenica 18 dicembre è stata organizzata a Lovere la cerimonia e il corteo per ricordare i 13 Martiri di Lovere.

Alle 8:30, presso il Santuario delle Sante Bartolomea e Vincenza, don Alessandro Camadini ha celebrato la Santa Messa di suffragio. Alle 9:45 i partecipanti hanno posato una Corona presso il monumento ai Partigiani, prospicente il lago, nella Piazza dedicata ai 13 Martiri. Il corteo poi, formato da numerosi cittadini, dai rappresentanti delle Amministrazioni locali e delle Associazioni (ANPI e Fiamme Verdi) presenti con gonfaloni, labari e bandiere, accompagnato dal corpo bandistico di Lovere, dopo una sosta e la posa di una corona alla lapide in piazza Vittorio Emanuele II, ha proseguito verso il cimitero dove altre corone sono state posate sul monumento dei fratelli Pellegrini e sul monumento ai 13 Martiri.

Giorgio Faccardi dell’ANPI di Lovere è intervenuto in apertura della commemorazione ufficiale, seguito dal sindaco di Lovere Alex Pennacchio e in conclusione è intervenuto Alessandro Pollio Salimbeni, vice presidente dell’ANPI Nazionale.

I fatti: Nel mese di Novembre 1943, dopo un furto all’ILLVA di Lovere e dopo uno scontro a fuoco alla sede del Fascio – dove persero la vita il podestà Paolo Rosa e il segretario Giuseppe Cortesi – i fascisti attuarono un rastrellamento ritorsivo, impiegando oltre 200 militi. Questo comportò la cattura di tredici partigiani rifugiati sui monti di Lovere, che furono in seguito incarcerati e barbaramente torturati. Il 22 dicembre furono prelevati dal carcere; sei furono fucilati tra Poltragno e Sellere, gli altri sette nei pressi dell’attuale caserma dei carabinieri di Lovere, perché la Direzione ed i Lavoratori dell’ILLVA si opposero al tentativo di fucilazione davanti alla fabbrica. I partigiani fortunosamente sfuggiti al rastrellamento dettero vita alla 53a Brigata Garibaldi.

I Martiri: Francesco Bessi, 18 anni – Giulio Buffoli, 41 anni – Salvatore Conti, 21 anni – Andrea Guizzetti, 19 anni – Eraldo Locardi, 23 anni – Vittorio Lorenzini, 18 anni – Guglielmo Giacinto Macario, 18 anni – Giovanni Moioli, 17 anni – Luca Nitckisc, 23 anni – Ivan Piana, 19 anni – Giuseppe Ravelli, 20 anni – Mario Tognetti, 21 anni – Giovanni Vender, 17 anni.

Di seguito alcune immagini della cerimonia:

Enrico Mattei e la Resistenza

Riceviamo dalla Federazione Italiana Volontari della Libertà e volentieri ripubblichiamo:

 

Enrico Mattei (1906-1962), presidente della FIVL dal 1960 al 1962

Enrico Mattei (1906-1962), presidente della FIVL dal 1960 al 1962

Sabato 17 dicembre il quotidiano “La Repubblica”, a p. 11, ha pubblicato un articolo, a firma di Pietro Mastrolilli, dal titolo a dir poco sconcertante: Mattei visto dalla CIA: “Era fascista e pagò la DC per fingersi partigiano”, con riferimento ad un documento declassificato del 11 agosto 1955 a firma di tal Lester A. Simpson, riportante nel suo ultimo paragrafo alcune notizie infamanti oltre che inesatte su Enrico Mattei.

Queste notizie paiono palesemente false e suscitano indignazione, perché la vita di Enrico Mattei – soprattutto durante la Resistenza – è stata chiara e trasparente. Non si è finto partigiano, ma “ha fatto il partigiano”, combattendo alla testa dei suoi uomini, venendo imprigionato, pagando sempre di persona per i rischi corsi.

Le dichiarazioni riferite dall’articolo s’inseriscono nel contesto della contesa per i rifornimenti petroliferi che Mattei intraprese dopo la guerra, aggiungendo elementi di pura negativa fantasia per squalificare la persona di fronte alle autorità americane. Nonostante l’articolo di Andrea Greco, pubblicato dallo stesso giornale domenica 18/12, a p. 22, tenti di chiarire meglio il contesto, il tono del titolo e le insinuazioni di alcuni passaggi dell’articolo di Mastrolilli non possono essere accettati, né passati sotto silenzio.

L’attività giornalistica, come quella di ricerca storica, non dovrebbe mai appoggiarsi a sensazionalismi, ma partire dai dati storicamente accertati e correttamente contestualizzati, evitando di indulgere o dar credito a ricostruzioni fuorvianti e infondate – che peraltro coinvolgono in modo riprovevole anche personalità estranee, come quella di Raffaele Cadorna e di Mario Argenton – solo per ricercare l’effetto di spettacolarizzazione della notizia.

La Federazione Italiana Volontari della Libertà desidera riaffermare per i suoi tre storici Presidenti il valore della testimonianza documentale, che li vide combattere per la libertà, senza compromessi né infingimenti.

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A dimostrazione – semmai ve ne fosse la necessità – della convinzione e della coerenza nei confronti dei valori resistenziali di Enrico Mattei, accludiamo due trascrizioni di documenti storici – estratte dai verbali delle riunioni della Giunta Federale FIVL dell’11 marzo 1961 e del 24 febbraio 1962 – che dimostrano inequivocabilmente a quali sentimenti fosse ispirata l’intera esistenza di Mattei, come partigiano, come uomo e come dirigente di un’impresa pubblica strategica negli anni del Dopoguerra.

Presidente Enrico Mattei, intervento di apertura della seduta della Giunta FIVL dell’11 marzo 1961 a Roma, Via del Tritone 125

[…] In maggio si riunirà a Parigi il Congresso Mondiale della FMAC [Federazione Mondiale degli ex Combattenti, n.d.r.] e la nostra partecipazione dovrà come sempre assolvere onorevolmente ai compiti di rappresentanza che ci derivano dall’essere l’unica organizzazione della Resistenza aderente al massimo consesso internazionale di ex combattenti.
Tra l’altro abbiamo assunto l’iniziativa di presentare alla ormai prossima Assemblea Generale della FMAC una mozione sulla “collaborazione tra l’Europa e le nuove Nazioni afro-asiatiche”. Tale mozione, per lo spirito che la informa, non poteva essere presentata che dalla nostra Associazione. Noi riteniamo infatti che il travaglio politico ed economico caratterizzante la rinascita dei paesi afro-asiatici sia una storica e ideale continuazione della lotta di Resistenza combattuta dai popoli d’Europa contro le loro dittature; stimiamo pertanto che i nostri popoli debbano essere i primi a collaborare con quelli d’Africa ed Asia per aiutarli a superare le incertezze e le difficoltà da essi incontrate. […]

Mattei passa all’esame del punto 4 e precisa che nelle cartelle i delegati troveranno copia di una mozione che la FIVL ha intenzione di presentare alla IX assemblea della FMAC. Il Presidente invita Ferrando a darne lettura. “La IX Assemblea generale della FMAC, richiamandosi al testo e allo spirito della Risoluzione n. 10 della Commissione II votata dall’VIII Assemblea della FMAC tenutasi a Roma, riconoscendo nella rinascita dei popoli africani ed asiatici il segno più evidente di una maturazione della coscienza liberale del mondo moderno, convinta che tale idea liberale trova, in una giusta prospettiva storica, uno dei suoi principali stimoli nella Lotta di Liberazione dal nazismo, dal fascismo e da ogni tirannide a suo tempo combattuta dai popoli europei in nome di una libertà di autodeterminazione e di coscienza che non potesse essere – e non fu intesa, infatti, come tale – patrimonio di alcuni pochi a danno di altri, certa che i popoli d’Europa sono favorevoli a che nuovi membri della comunità mondiale debbano trovare autonomamente la via per realizzare le loro più profonde e legittime aspirazioni, certa altresì che all’Europa, in nome della sua tradizione di libertà e di progressi, spetti non solo il diritto ma anche il dovere di collaborare, su un piano di perfetta parità con quei popoli affinché essi possano al più presto, e senza dover superare un ingiusto travaglio, realizzare le proprie fondamentali aspirazioni, persuasa che ogni collaborazione in tal senso debba spazzare via preliminarmente ogni antiquata dottrina e concezione di tutela politica, di paternalismo e di sfruttamento economico, e che pertanto una profonda revisione di concetti, di mentalità, di moralità debba essere compiuta dalla parte migliore e più consapevole degli Europei, notando che questa revisione non può essere compiuta che nel nome e nel segno della Resistenza a qualunque forma di oppressione e che soltanto richiamandosi a questa matrice ideale la coscienza europea può rinnovare in pieno la sua migliore e più grande tradizione storica, mentre invita i governi d’Europea a voler portare avanti il processo di costruzione europea quale unico mezzo per accantonare definitivamente le rivalità economiche e politiche che furono tra l’altro cause dell’imperialismo e del colonialismo, fa appello alle Associazioni combattentistiche europee aderenti alla FMAC perché ciascuna, nei rispettivi paesi, tenda a consolidare la coscienza democratica del problema delle collaborazioni con i popoli afro-asiatici nelle spirito delle loro aspirazioni all’indipendenza, alla libertà ed al progresso sociale, premesse fondamentali per la pacifica e civile evoluzione del mondo futuro. […]

Presidente Enrico Mattei, intervento di apertura della seduta della Giunta FIVL del 24 febbraio 1962 a Roma, Via del Tritone 125

L’on. Mattei apre la seduta e desidera anzitutto ringraziare i convenuti ed estendere il suo ringraziamento a tutti i nostri iscritti per la unanime, affettuosa solidarietà dimostratagli in occasione delle minacce rivoltegli da ambienti politici di estrema destra. La FIVL, con il suo intervento, ha bloccato molte manovre e, attraverso “Europa Libera” [il periodico edito dalla Federazione n.d.r.], ha chiaramente denunciato responsabilità di ambienti e uomini politici dell’estrema destra nazionale ed internazionale. Vi ringrazio anche perché la vostra solidarietà si è allargata, dalla persona, alla comprensione del lavoro che vado svolgendo nell’interesse del Paese. […] (L’on. Mattei) non ha mai imposto il suo personale punto di vista nella determinazione dell’indirizzo politico della Federazione, anche se ha ritenuto suo dovere di Presidente, e suo obbligo di ex partigiano, sollecitare una presa di posizione quando erano in gioco interessi ideali che si riferivano, senza ombra di equivoco, all’essenza stessa della Lotta di Liberazione. […]
Non possiamo dimenticare che la nostra fu una lotta contro l’ingiustizia, la sopraffazione e la prepotenza per il trionfo della libertà, una libertà intesa nel senso più lato della parola. Fu una lotta dura, ma ci sorresse sempre l’ambizione di combattere per un mondo migliore, privo di egoismi, libero e giusto, ove la democrazia avesse vita senza troppi “adattamenti”. Noi, come ex combattenti della Libertà, siamo naturalmente per una forma di governo democratico e contro ogni dittatura, ma non sarà male ancora una volta ricordare che la democrazia e i suoi ideali si difendono con le armi della libertà e della giustizia sociale. Noi crediamo nell’avvenire e nel progresso del nostro Paese e del nostro popolo soprattutto perché crediamo nei mezzi di questo nostro sviluppo, convinti che appoggiando riforme sociali coraggiose, sopprimendo i privilegi e restringendo l’area della miseria si continua la lotta che iniziammo all’insegna della giustizia e della libertà molti anni fa.
La nostra Federazione ha fatto sentire la sua voce ogni qualvolta la libertà era in pericolo in Italia e altrove, senza “distinguo” di schieramenti politici e di razze. Perché chi opprime è nostro avversario e chi è oppresso e lotta per la sua liberazione ci trova naturalmente al suo fianco. Convinti come siamo della validità di quanto abbiamo sinora affermato, riteniamo che la Resistenza abbia ancora una funzione da svolgere, sia ricordando nella maniera più degna chi per essa ha sacrificato la vita, sia vigilando perché i suoi principi siano sempre presenti particolarmente a chi ha la responsabilità di governare il Paese. Con questi intendimenti continuiamo il nostro lavoro certi così di proseguire il cammino iniziato tanti anni fa con la Lotta di Liberazione. […]

Calendario degli appuntamenti in Valle Camonica per il 2023

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il calendario degli appuntamenti previsti in Valle Camonica per il 2023:

Sabato 21 gennaio 2023 Incontro e manifestazione a Lozio per onorare la memoria di Giacomo Cappellini, in occasione dell’anniversario della Cattura (21 Gennaio 1945),.

Giorno della Memoria – Iniziative in programma:
- Martedì 24 gennaio – c/o sala del Palazzo della Cultura a Breno alle ore 20, incontro pubblico con Anna Steiner Pronipote di Giacomo Matteotti;
- Mercoledì 25 gennaio – c/o Sala Cinema Teatro di Breno, Anna Steiner incontra le 4e le 5e del Liceo Cammillo Golgi di Breno;
- Venerdì 27 gennaio – All’Aprica e a Villa di Tirano, distribuzione di 80 Medaglie d’Onore ai Familiari degli IMI Camuni e Valtellinesi alla presenza del Prefetto di Sondrio.

Martedì 11 aprile 2023Manifestazione a Mù, Edolo, presso il monumento in ricordo dei Cinque Martiri Greegorio Canti, Vitale Ghiroldi, Vittorio Negri, Giovanni Scilini, Giovanni Venturini, barbaramente torturati e poi fucilati dai fascisti nei pressi del cimitero di Mù.

Festa della Liberazione – Iniziative in programma:
– Martedì 25 aprile
– Iniziative da Programmare; di norma si tengono, nella giornata che ricorda la Liberazione, varie Manifestazioni Intercomunali: una in Alta Valle (Sellero), due in Media Valle, una in Bassa Valle/Alto Sebino;
- Sabato 29 aprile – Manifestazione a Breno con i ragazzi delle Scuole. Posa corona al Monumento della Libertà;
- Domenica 23 aprile – al Rifugio sui Monti di Cerveno, tradizionale incontro musicale con I Luf.
NB: Nella settimana precedente la Festa della Liberazione si conferma la posa di un omaggio floreale sulle lapidi, sui monumenti, sulle vie che portano i nomi dei Partigiani Ribelli per Amore, che hanno combattuto per la Libertà come segno di ricordo, di rispetto e di riconoscenza.

Domenica 21 maggio Pratolungo (Angolo Terme). Manifestazione al Rifugio Lorenzini, luogo della battaglia contro i fascisti, dell’uccisione di Alessandro Cavalli, Mario Voltolini, Ivan e Stefano (due ex prigionieri russi), Enrico Stefani (Stefanic) e della cattura dei componenti il Gruppo Fiamme Verdi e del colonnello Ferruccio Lorenzini, poi fucilati a Brescia il 31 dicembre 1943 (oratore: Nando Sala).

Nel mese di maggio 2023 – Camminata Edolo-Sonico-Zazza di Malonno Per ricordare e onorare Don Battista Picelli, barbaramente trucidato dai fascisti della banda Marta.

Giovedì 1° giugno Ricordo Don Carlo Comensoli Omaggio floreale al monumento dedicato a Don Carlo e ai suoi Ribelli per Amore, in Piazza a Cividate Camuno. A seguire la Santa Messa presso la Chiesetta di Santa Maria del Ribelle, sul colle Barberino.

Venerdì 2 giugno Festa della Proclamazione della Repubblica: iniziative da programmare.

Domenica 18 giugno –– Malga Mignone (Borno-Ossimo-Lozio). Manifestazione presso il monumento realizzato in ricordo dei luoghi e delle vicende legati alla Resistenza sulle montagne di Borno e della Concarena.

Domenica 25 giugno – Malga Campelli (Gianico). Omaggio ai partigiani Battista Pedersoli e Giacomo Marioli e al pastore Antonio Cotti Cottini, che li aveva ospitati nella sua cascina, catturati e uccisi durante un rastrellamento effettuato dai fascisti guidati da una spia locale (oratore: Nando Sala).

Domenica 2 luglio 2022Cevo. Manifestazione, organizzata dal Comune e dall’ANPI della Valsaviore, per ricordare la distruzione del paese per mano fascista.

Domenica 9 luglio 2022Limen (Bienno). Luoghi dove sono nati i primi gruppi della Resistenza (con il Prof. Coccoli, Luigi Ercoli) e dove hanno operato, fino alla liberazione i gruppi al comando di Lionello Levi Sandri (prima) e Luigi Levi Sandri (poi).

Giovedì 20 luglio – Artogne. Manifestazione in ricordo di Antonio Lorenzetti, Fiamma Verde di indomito coraggio sfuggito miracolosamente all’eccidio di Malga Campelli, catturato a Gianico, torturato e fucilato a Darfo. Il suo nome verrà dato alla Brigata delle Fiamme Verdi che opererà fino alla Liberazione nella Bassa Valle Camonica.

Nel mese di agosto 2023 – Al Corno d’Aola Ponte di Legno, ricordo del Beato Teresio Olivelli.

Domenica 3 Settembre Mortirolo, Tradizionale raduno con Manifestazione e Santa Messa presso la Chiesetta di San Giacomo in suffragio dei Caduti della Resistenza e nel ricordo dei Combattenti per la Libertà che “sono andati avanti”. La cerimonia è organizzata dall’Associazione delle Fiamme Verdi di Brescia, insieme alle sezioni di Vallecamonica e all’Ecomuseo della Resistenza in Mortirolo.

Nel mese di dicembre 2023Lovere, manifestazione nell’Anniversario della Fucilazione dei 13 Martiri (22 dicembre 1943).

Presentazione del progetto “Casa Comando Fiamme Verdi”

Venerdì 2 dicembre 2022, presso la sala Congressi del Centro Direzionale di Aprica si è tenuta la presentazione del progetto di ristrutturazione dell’immobile “Casa Comando” (comuni di Mazzo e Monno) e del recupero delle trincee adiacenti.

Alla presenza dei rappresentanti delle associazioni partigiane – il presidente delle Fiamme Verdi Bresciane Alvaro Peli e il presidente dell’ANPI Sondrio Egidio Melè – dei professori Monopoli Anni e Ricci, e dei sindaci (o dei loro rappresentanti) dei comuni di Aprica, Corteno Golgi, Mazzo e Monno è stato presentato il progetto di recupero e rilancio della Casa Comando Fiamme Verdi, luogo della memoria dell’Alta Valle, che l’Associazione Fiamme Verdi, l’Ecomuseo della Resistenza, i comuni di Mazzo e Monno e le scuole del territorio camuno e valtellinese vogliono recuperare come luogo della memoria, carico di messaggi impliciti che il progetto saprà rendere espliciti e trasmettere ai giovani.

Con progetti come questo, l’insegnamento incontra la ricerca, gli studenti lavorano direttamente sul campo e sviluppano abilità e conoscenze che si trasformano poi in competenze e consapevolezze civiche, l’ambiente diventa protagonista e discopre per tutti il suo bagaglio di storia passata, di eventi memorabili, in un racconto che i fruitori trasformeranno in memoria condivisa e dal quale sapranno trarre esempio.

La realizzazione del progetto è ormai avviata, lo stabile è stato acquisito, gli studi preliminari sono stati fatti, le idee non mancano: tutti speriamo di poter presto essere accolti lassù al passo del Mortirolo in questa casa dei partigiani e lì conoscere, ricordare e rendere onore a quanti hanno lottato per la conquista della Libertà.

Ezio Gulberti

Un'immagine della Casa Comando Fiamme Verdi

Un’immagine della Casa Comando Fiamme Verdi

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Di seguito un breve resoconto della manifestazione redatto da Luigi Mastaglia:

L’Ecomuseo della Resistenza in Mortirolo insieme ai Comuni di Mazzo di Valtellina (SO) e Monno (BS), hanno organizzato per venerdì 2 dicembre 2022 presso la Sala Congressi del Centro Direzionale di Aprica, un incontro per presentare il progetto “Mortirolo – Casa Comando Fiamme Verdi”, che prevede la ristrutturazione del fabbricato AEM (poi A2A, ora acquisito dai comuni di Mazzo e Monno) e il recupero delle trincee su al passo del Mortirolo.

La cabina AEM al Passo del Mortirolo, che diventerà la “Casa Comando Fiamme Verdi”, serviva da presidio e da collegamento tra le centrali elettriche della Valtellina e la Direzione di Milano. La cabina, infatti, era dotata di un apparato telefonico collegato con la centrale di Grossotto, sul versante valtellinese, e da Grossotto poteva dialogare attraverso diverse derivazioni con le altre centrali di quel territorio e con la Direzione AEM di Milano.

Nel libro La montagna non dorme di Dario Morelli, nella descrizione delle attività del 12 aprile 1945, si legge:

Nel corso della notte, Sandro, Tino e Gabrielli decidono di spostare il comando e l’infermeria dall’Albergo Alto alla Cabina, sul al Passo, in mezzo ai due settori A e B. E questo per varie ragioni: innanzitutto perché l’Albergo è già stato colpito due volte e rappresenta ormai un obiettivo troppo noto all’artiglieria nemica; poi, perché la linea telefonica che lo collegava con la Cabina e attraverso questa con la Valtellina, è interrotta in più punti nel tratto Albergo/Cabina, né si può riparare per mancanza di fili. La linea telefonica, invece che dalla Cabina scende in Valtellina, è tuttora intatta – lo sarà fino alla fine – e permette la ripresa delle comunicazioni.

La linea telefonica della cabina fornì per tutto il periodo della Resistenza un prezioso collegamento tra il Comando delle Fiamme Verdi del Mortirolo e il CLN Alta Italia con sede a Milano: con il progetto presentato all’Aprica tornerà a “parlare”, ma stavolta alle giovani generazioni.

 

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