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La stampa clandestina

1. Premessa

La stampa clandestina è forse l’elemento in cui è più visibile la forza dell’egemonia cattolica nella Resistenza bresciana. La diffusione del Ribelle è così ampia e importante che il foglio non periodico diventa ben presto un vero e proprio organo d’informazione – non solo di propaganda – che chiunque cerca di procurarsi per capire cosa succeda e quando la guerra possa dirsi davvero finita.

Brescia Libera
Brescia Libera

Certo, osservati con gli occhi di oggi, questi fogli ciclostilati o stampati in modo precario, pieni di refusi e talvolta traboccanti di retorica non sembrano vantare una funzione centrale nella lotta partigiana; tuttavia, le notizie fittamente accumulate nello spazio stretto delle pagina, gli articoli corposi e spesso non troppo agevoli da leggere ci comunicano un’incontenibile ansia di esprimersi e un impellente bisogno di spiegare ogni cosa che sta accadendo.

Lo stile degli articoli potrebbe, di primo acchito, ricordare certe ampollosità stilistiche di stampo dannunziano; talvolta gli entusiasmi retorici sconfinano in emulazioni con il sistema comunicativo proprio del regime fascista. Ma ciascuno di essi ha una funzione che si rivela importantissima:

Far sapere alla gente che c’era ancora chi non si adattava alle imposizioni dell’occupante e del risorgente fascismo repubblicano e di dimostrare che la stampa ufficiale del tempo poteva anche essere smentita e combattuta con mezzi modesti ma non meno efficaci.[1]

Tra l’altro, la difficile reperibilità della carta e dei tipografi, le enormi difficoltà della stampa e della distribuzione, le condizioni in cui gli autori ideano e redigono gli articoli sono la prova di una volontà di affermazione fortissima, oltre che di tenacia e coraggio.

2. I fogli clandestini a Brescia

È la primavera del ’44 quando si intensifica la diffusione di numerosi fogli clandestini. Si possono ricondurre essenzialmente a due categorie: volantini ciclostilati o semplicemente dattiloscritti e giornali che si propongono una certa regolarità, pur senza mai riuscire davvero a mantenerla.

Nelle prime settimane dell’occupazione a predominare è la produzione di volantini, per ragioni di praticità e per la loro facilità di stesura e distribuzione. L’obiettivo è diffondere parole d’ordine e slogan piuttosto che proporre riflessioni su temi generali e complessi. Si tratta, insomma, di una propaganda contingente, legata al momento e alla necessità di sollevare e sostenere la ribellione presentando sempre come imminente la fine del nazifascismo.

Ce ne sono di vario tipo: quelli che chiedono lo sciopero e che mirano al sabotaggio della produzione per indebolire il nemico, quelli lanciati dagli Alleati oppure quelli rivolti ai giovani perché non rispondano alle chiamate dell’esercito della RSI o perché ne disertino i ranghi. Ci sono poi quelli dedicati a particolari ricorrenze come nell’anniversario dell’assassinio di Matteotti.

Molto influenti sono i fogli preparati e diffusi dal gruppo di Brescia libera, tra l’autunno del 1943 e i primi mesi del ’44. Il più importante lo fa stampare Astolfo Lunardi con la firma del CLN e invita i bresciani a sospendere il lavoro durante la giornata del 4 novembre 1943 e a ricoprire di fiori i monumenti ai caduti durante il 1915-’18.

3. Brescia libera e Il Ribelle

Per ciò che riguarda i fogli periodici, invece, sono quindici le pubblicazioni che vengono stampate o diffuse a Brescia e nelle valli. Quelle legate alle Fiamme Verdi sono due: Brescia libera, che prepara cinque numeri distribuiti in duemila copie, e Il Ribelle che, con i suoi ventisei numeri e le sue quindicimila copie distribuite, è il giornale più importante della Resistenza bresciana.

La storia del Ribelle comincia con l’arresto e la fucilazione di Astolfo Lunardi, quando i collaboratori e i diffusori di Brescia libera sono costretti a fuggire e a interrompere le stampe. Questi avevano operato nell’oratorio della Pace, sotto la protezione di padre Carlo Manziana e di padre Luigi Rinaldini. Si trattava di Franco Salvi, Claudio Sartori, don Giuseppe Tedeschi, Enzo Petrini, Laura Bianchini.

Il Ribelle
Il Ribelle

Dopo l’arresto di Lunardi, Sartori ripara a Milano e si riunisce a Teresio Olivelli che era entrato a far parte della Resistenza a Brescia. Dopo un mese dalla fine delle stampe, nel marzo del 1944, il nuovo giornale è già distribuito. Tutte le tipografie bresciane vengono immediatamente messe a soqquadro dalla polizia fascista per cercare gli stampatori e i distributori clandestini, ma i due principali redattori avevano fatto stampare il giornale da un tipografo milanese, Franco Rovida.

Dopo l’enorme successo del primo numero, i redattori diventano tre: Olivelli, Sartori ed Enzo Petrini, che procura anche i soldi necessari per continuare l’impresa. Il foglio riprende il motto del precedente giornale – «esce come e quando può» – e continua a mantenere la data da Brescia invece che da Milano.

Ma non passa molto tempo che Olivelli viene arrestato. E insieme a lui anche Carlo Bianchi, Rolando Petrini, il tipografo Rovida e due suoi operai. La vita del giornale s’interrompe per un po’ ma a giugno 1944 riprende a uscire da Lecco, dove i superstiti si sono impiantati e dove hanno trovato la collaborazione del tipografo Luigi Annoni e della famiglia di Celestino Ferrario.

Dopo tre numeri, però, si ritorna a Milano: nel Natale del ’44, infatti, la stamperia lecchese viene distrutta da un bombardamento. Ci si avvale della tipografia di Egidio Lechi, che stampa tutti i successivi numeri delgiornale tranne l’ultimo che viene impresso nella rinata Tipografia Lecchese. È il gran momento di Pietro Reginella, il corriere del Ribelle: munito di grosse valigie, viaggia con tutto il materiale necessario e col giornale stampato attraverso mezza Lombardia.

Fin dal suo primo numero, il giornale ha una tiratura altissima: quindicimila copie distribuite in Lombardia e nelle regioni limitrofe. Spesso è addirittura ristampato localmente. È letto soprattutto per le notizie. In breve tempo diventa il vero organo d’informazione che sostituisce il regolare Brescia repubblicana, il giornale del regime di Salò che bada più a nascondere che a comunicare notizie. Diventa un oggetto molto pericoloso, da distribuire con cautela e da diffondere di mano in mano cercando di non farsi scoprire. In caso di pericolo deve essere assolutamente abbandonato.

4. Temi e contenuti de Il Ribelle

L’intenzione comunicativa dominante è di tipo pedagogico. Persino le notizie minime, le più irrilevanti, svolgono questa funzione: portare il lettore a prendere coscienza del vuoto morale lasciato come eredità dal fascismo.

Dal punto di vista ideologico, si possono riscontrare due spinte complementari. Da un lato, quella di Olivelli verso una profonda e rivoluzionaria innovazione della società italiana; dall’altro, quella più conservatrice e di matrice più squisitamente cattolico-democratica tendente a moderare l’atteggiamento rivoluzionario. Sarà quest’ultima, pian piano, a prendere il sopravvento.

Nei numeri iniziali, prima che le rubriche e l’organizzazione delle notizie si stabilizzasse su una struttura ricorrente e riconoscibile, le informazioni erano affastellate in maniera piuttosto caotica. Anche la sintassi dei testi era piuttosto disorganica. La tendenza alla retorica pedagogica e ideologica costituiva l’elemento unificante intorno al quale si costruivano i testi e si organizzavano gli articoli. L’elemento emotivo era certamente assai visibile insieme a quello di denigrazione del nemico. In ogni modo, la pagina scritta trasmette pienamente le circostanze e il contesto nei quali questi fogli nascevano.

Ideologia e pedagogia, in tutti i numeri del giornale, dominano anche sugli aspetti più prettamente informativi. Le notizie, infatti, sono spesso imprecise o generiche. A volte gli articoli sono costruiti anche solo sul sentito dire. In ogni caso, è visibile l’enfasi data alla speranza che il nemico sia presto sconfitto e la guerra finisca per avviare un nuovo periodo di pace e di moralità.

L’organizzazione testuale ruota intorno a formule retoriche ben precise e a una netta caratterizzazione oppositiva dei partigiani e dei nemici fascisti. Ma sono i contenuti a fare la differenza a fare la differenza rispetto agli altri giornali del tempo: nel Ribelle si trovano pagine sul significato della lotta partigiana e della ribellione (in articoli come Ribelli, a firma di Cursor, alias Teresio Olivelli, n. 2; o Certo, antifascisti, a firma di Zenit, alias Enzo Petrini; n. 24), sull’ideologia politica e sociale del movimento (ragionata a partire dagli articoli di Laura Bianchini e don Tedeschi), pagine dedicate alla violenza in relazione alla libertà e alla Liberazione (si veda soprattutto l’articolo Forza-violenza-libertà di Renzo, alias Ludovico Benvenuti, n. 19); ma soprattutto si trovano profili dei caduti e lettere dei condannati a morte che rappresentano un testamento morale e spirituale insostituibile e ineguagliabile per qualsiasi foglio-notizie del tempo.

Leggiamo, ad esempio, le lettere di commiato di Giacomo Perlasca e di Mario Bettinzoli, pubblicate sul n. 2 de Il Ribelle.

Brescia, 23 febbraio 1944.

Carissima mamma,

ormai credo che non mi resti più molto tempo; benché si dica e si faccia sono conscio della mia sorte. Fatti animo, coraggio supera la crisi.

Per quanto riguarda me non ti affliggere; ho fede, sono rassegnato e la misericordia di Dio è tale che certo mi salverà; in cielo ho già un forte sostenitore della mia causa; papà non mi ha mai abbandonato ed ora più che mai mi è vicino. Il mio spirito pronto.

Anche alle sorelle mi rivolgo con le stesse espressioni di affetto; ad esse affido la mia santa mamma perché la curino, la seguono, la conservino; è una consegna che vi dò. A Gigi una raccomandazione particolare; perché è attualmente l’unico maschio a casa; a lui l’onore della protezione della famiglia; sia sempre buono e bravo come è stato e si ricordi dell’esempio di papà.

Amate tutti la mamma e tenetela molto cara, riparate le sofferenze che io involontariamente le ho date.

Pensate che non finisco di vivere; ma inizierò un’altra vita senza termine, e che da là noi rimarremo sempre in comunione tramite la preghiera, e che poi tutti ci riuniremo.

Quando Giuseppe ritornerà, portategli il mio saluto più caro e affettuoso.

Mi raccomando a tutte le vostre preghiere perché possa raggiungere presto la meta.

Lascio la mia adorata Mimy con un dolore certo per lei incancellabile; abbiatene sempre cura perché mi ha amato con tutto il cuore tutto l’affetto che una donna può dare. È già di famiglia perché già era mia e il mio cuore pulsava con il suo.

Domando perdono a tutti coloro che posso aver offeso volontariamente ed involontariamente. Non ho nessuno da perdonare perché sono sempre stato in armonia con tutti.

Bacio ed abbraccio tutti uno ad uno e vi benedico.

Mamma; quando avrai la triste notizia benedicimi e prega per me sempre. Olimpia, Elvira, Anna, Mimy, Gigi siate sempre buoni e abbiate fede; Giuseppe ne ha sempre avuto ma le prove che avrà dovuto sostenere lo avranno rinsaldato certamente.

Saluto tutti, parenti, amici, conoscenti senza eccezione e mi raccomando alle preghiere dei buoni.

Di nuovo un abbraccio affettuosissimo

aff. Giacomo

Saluti a Maria e a Don Piero.

P.S. Mamma fai scegliere la mia Mimy qualcosa di mio che mi ricordi per sempre e tienila per figlia al posto mio.

Ore 21 del 23 febbraio 1944.

Miei carissimi Genitori, sorelle, fratelli, nonna, zii e cugini!

Il Signore ha deciso, con i suoi imperscrutabili disegni, che io mi staccassi da voi tutti quando avrei potuto essere di aiuto alla famiglia; sia fatta la Sua volontà santa. Non disperate, pregate piuttosto per me affinché Lo raggiunga presto, e per voi affinché possiate sopportare il distacco.

Tutta la vita è una prova, io sono giunto alla fine, ora ci sarà l’esame, purtroppo ho fatto molto poco di buono; ma almeno muoio cristianamente e questo dev’essere per voi un grande conforto.

Vi chiedo scusa se mi sono messo sulla pericolosa via che mi ha portato alla morte, senza chiedervi il consenso; ma spero mi perdonerete come il Signore mi ha perdonato qualche minuto fa per mezzo del suo Ministro.

Domattina prima dell’esecuzione della condanna farò la santa comunione e poi… Ricordatevi ai Reverendi Salesiani e ai giovani di A.C. affinché preghino per me. Ancora vi esorto a rassegnarvi alla volontà di Dio; che il pensiero della mia morte preceduta dai SS. Sacramenti vi sia di conforto per sempre.

Immagino già le lagrime di tutti quanti quando leggerete questa mia, fate invece che dalle vostre labbra anziché singhiozzi escano preghiere che mi daranno la salute eterna.

Del resto io dall’alto pregherò per voi.

Ora, carissimi, vi saluto tutti per l’ultima volta, vi abbraccio con affetto filiale e fraterno; questo abbraccio spirituale e superiore alla morte e ci unisce tutti nel Signore.

Pregate! Vostro per sempre

Mario

Sotto la loro apparente inattualità, questi fogli ci dicono qualcosa che va ben oltre le parole stampate. Leggervi la storia della Resistenza bresciana significa schiudere un mondo che è fatto prima di tutto di una fortissima tensione morale e in cui a dominare è spesso l’urgenza della parola. È già la materialità dei giornali a parlarci e a raccontarci le vicissitudini della stampa, della fatica e dei tempi impiegati per il trasporto delle matrici di piombo e delle copie, della loro distribuzione casa per casa. Certo, senza una mediazione è difficile dare un senso a una lettura così faticosa, ai contenuti eclettici e – a volte – caotici, l’impaginazione e la composizione tipografica spesso improvvisate. Ma sono proprio questi fogli, se interpretati adeguatamente, a fornirci l’immagine più autentica del desiderio di liberazione.


Bettinzoli_il_ribelle
Bettinzoli, «il ribelle»


Perlasca_il_ribelle
Perlasca, «il ribelle»


[1] Brescia libera. Il Ribelle 1943-1945, ristampa anastatica a cura di D. Morelli, Istituto storico della Resistenza bresciana, Brescia, 1974, p. 3.